In basso, diligentemente, sulla sinistra il timbro della USL, sulla destra quello del comune, fatti disegnando le matrici su una patata tagliata a metà.
lunedì 31 maggio 2010
Who needs enemies.../4
In basso, diligentemente, sulla sinistra il timbro della USL, sulla destra quello del comune, fatti disegnando le matrici su una patata tagliata a metà.
giovedì 27 maggio 2010
Passeggiata istruttiva

Come noto, le conclusioni della commissione Warren stabilirono che Lee Harvey Oswald sparò dall'ultimo piano della biblioteca pubblica (angolo Elm Street - Dealey Plaza) tre colpi in un massimo di sette secondi, il terzo decisivo, il secondo un po' strano (la teoria della pallottola magica, perorata dall'avvocato Arlen Specter, che ultimamente da senatore s'è occupato dello spygate dei Patriots. Strano che ne siano usciti profumati come rose...). Quello che può essere interessante è una semplice constatazione di un po' di evidenze. Proprio per eliminare equivoci, non intendo discutere delle tesi di complotto di Jim Garrison in JFK, che peraltro non riscuotono consensi unanimi, anzi.
L'unico dato di fatto da cui non recedo è la validità del filmato di Abraham Zapruder.
Il filmato mostra in vari momenti una successione di sei o sette spari, tra cui uno completamente a vuoto, uno che centra il governatore Connally alle spalle (che potrebbe anche essere compatibile con la posizione assegnata a Oswald), uno che fa portare a Kennedy le mani alla gola e quello decisivo, che fa esplodere il volto del presidente dal davanti, spostando la testa all'indietro. Incompatibile con la posizione di Oswald anche alla luce del fatto che costui avrebbe usato un fucile scadente e avrebbe dovuto espellere i bossoli a mano. E quello decisivo sarebbe stato l'ultimo colpo.

La foto sopra è scattata approssimativamente con una angolazione, se non una distanza, simile a quella da cui Zapruder stava girando il suo filmino. Il gruppo di turisti si trova nel punto in cui la limousine presidenziale era al momento dello sparo decisivo (c'è una piccola mattonella illustrativa sul marciapiede). Nella foto sotto viene presentata una posizione pressochè ideale per un tiratore per il colpo frontale, quello mortale. Defilato, dietro una recinzione ove potersi accovacciare, coperto da un po' di vegetazione. Posizione perfetta, possibilità di sparare anche più di un colpo perchè l'auto, procedendo a bassa velocità, non avrebbe di molto variato l'angolazione fra bersaglio e tiratore. Alle spalle di quasi tutti gli spettatori, quindi una via di uscita ragionevolmente defilata e comoda.
Quello che ho raccontato qui è nulla più che una opinione personale. Due ore spese in duecento metri di strada, a cercare di farmi un'idea su uno dei fatti più discussi e sviscerati della storia recente. Non mi interessa capire se le conclusioni della commissione Warren intendessero coprire chi e cosa, ma l'idea che uno ricava semplicemente osservando la crime scene stride con la verità ufficiale.
Un piccolo appunto a Oliver Stone... due cospiratori non sono molto credibili... Joe Pesci nel ruolo di David Ferrie se la cava anche bene, ma uno degli anticastristi cubani, francamente poco riconoscibile, è nientemeno che Tomas Milian :-)
martedì 25 maggio 2010
Coincidenze, sicuramente.
Ci sono certi posti a Roma in cui proprio non ci si riesce ad annoiare. Uno pensa ad un condominio silenzioso, in una zona bene, come posto in cui avere conforto e riparo dalla quotidianità. Cavolo, i requisiti della location ci sono tutti. Zona bene, la Cassia. Via piccolina, al riparo dal traffico e dal rumore delle auto. Quel po' di verde che se proprio non hai un affaccio sul Colosseo comunque ti riposa occhi e spirito. Via Gradoli ha proprio tutto. Stradina privata a ferro di cavallo appena defilata sulla Cassia. Certo che come catalizzatore di eventi curiosi il civico 96 è ben avanti.Mettiamoci un po' di condimento.
Per quanto riguarda la segnalazione sull'appartamento brigatissimo, come direbbero gli orripilanti annunci immobiliari, la segnalazione proviene da una coppia di inquilini. Come si legge nell'eccellente opera La tela del ragno di Sergio Flamigni, la signora che allerta le forze dell'ordine ha lo stesso cognome del businessman che in un eccesso di disinvoltura fra vari cimeli hitleriani acquistati in giro per il mondo, s'è ritrovato in omaggio un senatore eletto con metodi less than clear dagli italiani all'estero. Il senatore, stranamente, è saltato. Il businessman per telefono lo apostrofava gradevolmente come "portinaio mio". Dietro qualche problema fiscale magari agevolato da qualche manager di azienda che ha usato le proprie prerogative in modo poco trasparente. La signora di Via Gradoli 96 è la sorella del businessman.
Tenue curiosità che resta... Ma l'amministratore di condominio è Hannibal Lecter?
lunedì 24 maggio 2010
it.sport.americani
Il gruppo di discussione Usenet ufficialmente identificato come "it.sport.americani", per gli amici Ispa, vide la luce nel 1997 per iniziativa di un gruppo di appassionati, tra cui il sottoscritto, che seguirono l'iter di formulazione, inoltro e accettazione della RFD (richiesta formale di discussione). Da forum tematico su basket, football, baseball e hockey, questo gruppo nel tempo s'è evoluto verso varie forme di aggregazione social-internettiana, assumendo la configurazione, ormai stabile, di saloon. venerdì 21 maggio 2010
Feynman!

mercoledì 19 maggio 2010
Nomen est Omen?
lunedì 17 maggio 2010
Nostalgia subbutea
Ogni tanto, passando per la mia (ex) stanza, mi ricapita sott'occhio qualcosa che mi ha tenuto compagnia nel tempo a vario titolo, che ha il suo piccolo pezzetto di storia, di vissuto. Una scatola del mitico Front Page Sports Football 96, con Barry Sanders in copertina, acquistato in un bellissimo negozio a Berlin-KuDamm. Qualche automobilina, qualche vecchio fumetto ingiallito di Charlie Brown. L'ultima fuga verso il passato non è stata casuale, devo ammetterlo. Ho cercato e ritrovato il mio tomo del Subbuteo. Quattro quaderni legati per le copertine con colla e scotch. Ogni tanto qualche pagina staccata, la carta inevitabilmente un po' giallina, lo scotch che non tiene più molto. Ma l'importante era il contenuto, quello che evocava a titolo di ricordi di un ex malato di calcio. Il subbuteo, "calcio in punta di dito", era un "presunto" gioco per due, nel senso che ognuno di noi prendeva molto sul personale la possibilità che la sua squadra perdesse contro quella di qualcun altro. Quindi facevi da solo generazioni di tornei dalla logistica un po' ardita (coppe del mondo in annate dispari...) pur di non andare in astinenza agonistica. Ma quello che c'era al contorno era veramente gustoso.
venerdì 14 maggio 2010
Lawrence Taylor
Quando ti massacrano gli idoli di gioventù ci resti male. Quando chi compie il sacrilegio è l'idolo stesso, ci resti anche peggio. Vedi che un'indole negativa non la correggi con i soldi, il successo, la gloria. Non basta mai, mai, mai. mercoledì 12 maggio 2010
Field of Dreams!
La mia prima e per ora unica visita negli States è stata nel novembre 2007, quando andai allo Usenix-Lisa di Dallas, TX. Per un malato di football come me, che il primo viaggio negli USA fosse nella città dell'America's Team sembrava quasi un regalo del destino. A capirsi, a Dallas non c'è veramente niente. Si mangia dell'ottima carne, si può spendere una mattinata fra Elm Street, Dealey Plaza e il Sixth Floor Museum per vedere i luoghi dell'omicidio di John Kennedy. Skyline riconoscibile dall'Hyatt Regency at Reunion, lo spettacolare albergo dove eravamo alloggiati. Spazi ampi, non troppo traffico, shopping mall qua e là. Un Apple Store serio. Basta, quasi tutto qui. Ma il dato che per me conta, è che questa è la città che da settembre a febbraio respira football come nessun'altra in America. Chi maltratta i bambini
Il post di oggi è semplicemente un passo di Dostoevskij. martedì 11 maggio 2010
Moz-za-rel-la...
Cifrevole tempo fa restammo incastrati in un esilarante sketch a metà fra la mitica gag "Hostaria!" di Gassman e Tognazzi, e un grottesco-surreale tipo Jeunet e Caro.lunedì 10 maggio 2010
La notte della gallina
venerdì 7 maggio 2010
La certosa di Calci
mercoledì 5 maggio 2010
Who needs enemies... /3
, il buon diavolo che avevo per vicino di banco al liceo aveva delle tecniche di networking col gentil sesso a volte opinabili, almeno. In estrema sintesi, non è che col fascino del cinquantenne quando sei al liceo hai poi tutto questo successo. Il problema, in effetti, è che lui era cinquantenne dentro. Esistenzialismi astratti, discorsi da italiota vero, di quelli con l'autoradio nella mano destra, gusti musicali che andavano da Fred Bongusto a Milva. Diciamo appena demodè. Ciononostante, non era neppure un tipo malvagio e ogni tanto mi omaggiava con qualche breaking news su tipe che aveva puntato. Un pomeriggio, mentre si studiava insieme, mi racconta addirittura che il giorno prima era tornato con l'autobus con quella della IID, quella moretta con i capelli all'indietro. Chiedo subito "Quella con le tettone?" (è sorprendente quanti pochi elementi siano necessari a diciassette anni per costruire un identikit incontrovertibile). "Si, bravo. Proprio lei". Mh. Realizzo anche qualcosa altro, che ovviamente tengo per me solo. Bene.
Nei giorni successivi vengo aggiornato meticolosamente sul flirt nascente, che pareva andare avanti un po' a corrente alternata. "Sai, oggi mi ha consigliato un libro". "Boh, oggi mi pareva un po' freddina". "No, oggi era di buonumore, mi ha pure detto che ha il cane" (Sapevo del cane, e non solo...). Insomma, a suo modo stava portando avanti le trattative con onesto successo, e si sentiva pronto per il grande passo... "Domani l'aspetto alla fermata e le chiedo se vuole venire al cinema". In bocca al lupo, come di prassi. Confidente che il destino a volte aiuta, resto in attesa del minuzioso resoconto serale, che arriva puntuale con la solita telefonata.
Incipit trionfale: "Io le donne non le capirò mai!"
- Che è successo?
- L'ho aspettata alla fermata, è arrivata, oggi si vede che era un po' incavolata
- Beh?
- Io le parlavo, si e no mi rispondeva, a un certo punto sull'autobus s'è proprio girata
- Ah.
- Io comunque le ho chiesto se volevamo andare al cine domani pomeriggio, e a quel punto è proprio scesa, tre fermate prima. Ma che cavolo le avrò mai detto?
- Io un'idea ce l'avrei...
- Che idea?
- Era la gemella sbagliata...
- Mapporc....Hai capito perchè questa andava a giorni alterni. Era l'altra! Ma tu lo sapevi che erano due gemelle?
- Ovvio
Ora non è tanto il fatto che io abbia taciuto la perigliosa realtà in cui il nostro eroe tentava di intrufolarsi, ma diamo atto alla gemella silenziosa di essere veramente un genio del male, una regina dell'identity stealth ante litteram... Applausi!
martedì 4 maggio 2010
lunedì 3 maggio 2010
Replica Jersey

La mia passione sportiva principale è il football. Il resto è diventato quasi un semplice riempitivo fra febbraio e settembre. Non so come è cominciata, ho vaghi ricordi dell'inizio, ma seguo la NFL da quando ho tredici anni.
Ventisette Superbowl consecutivi, da John Riggins a Drew Brees.
L'aspetto caratteristico di questo sport è la sua telegenia innegabile. Stadi pieni, uniformi splendide, azione coinvolgente, cheerleaders, fior di personaggi in campo e fuori. Atletismo, pathos, ambientazioni mistiche , battaglie epiche a loro modo pezzi di storia di un paese che ha poca storia.
La primissima maglia che ho avuto è del 1987, era la maglia di William "The Refrigerator" Perry, NT dei Chicago Bears, ma chi me la regalò fece un po' di confusione fra misure europee e misure americane, tant'è che la maglia mi arrivava sotto le ginocchia e anche come larghezza era, per così dire, un po' in crescenza.
Poi mi arrivarono repliche di Marino (verde acqua, ma senza il nome), e Montana (rossa, senza il nome). Insomma pochino, ma trattandosi di regali per giunta non economicissimi non potevo che esser contento e ringraziare.
Con la diffusione di internet cominciai anche a distinguere fra le varie tipologie di maglie, pregio in termini di finitura, reperibilità, prezzi. Replica Jersey: scritte e numeri stampati a vernice, mediamente resistenti e ben fatte, forse nel tempo potrebbero deteriorarsi. Premier: nome, numeri, logo non sono stampati ma sono cuciti punto a punto. Belle belle. Throwback: fatte come le premier, con i nomi dei grandi del passato e il look dell'epoca. Stupende, da intenditori. Personalized: si può indicare il nome, richiedono fra le 2 e le 4 settimane di tempo e come prezzi partono dalle replica e possono arrivare anche a costare quanto tre throwback. In ogni caso nulla di economico eppoi non fanno spedizioni in Europa.
Buio integrale fino al 2007. Qualcosa nei negozi, ma con campionari estremamente limitati e dettati dal momento. Fino al 2007, anno zero delle NFL International Series.
Con parte del gruppo storico del leggendario newsgroup it.sport.americani (vero e proprio pezzo di cuore) riuscimmo ad organizzarci per andare a vedere Miami Dolphins-NY Giants a Wembley. Londra s'era attrezzata di conseguenza e in un bel negozio di Carnaby Street riuscii a regalarmi la mia prima replica con il nome. Per affezione di ruolo, scelsi la 18 bianca di Peyton Manning. Un paio di mesi dopo ebbi la possibilità di andare a Dallas per un corso e per la prima volta presi coscienza del principio di località che regola distribuzione e vendita di queste maglie. Mi aspettavo riedizioni personali della mia idea di paradiso, con maglie di tutte le squadre, tutti i giocatori, tutte le epoche, tutte le taglie... Il risveglio fu un po' diverso. Dallas uguale Cowboys, facile. Se cerchi qualcosa dei 'boys ti accontentano fino a limiti estremi, tappetini per auto con la "lone star", scendiletto con il terreno del Texas Stadium. Per non parlare delle maglie dei grandi di tutti i tempi, dei loro grandi (nemmeno pochi, tra l'altro). Staubach, Aikman, Emmit Smith, Too Tall Jones, Michael Irvin, Deion Sanders... insomma vere e proprie esposizioni permanenti della squadra identificata più che bene dall'etichetta the America's Team.
Unico piccolo problema... non tifo per i Cowboys! Il deserto dei tartari. Solo qualche media darling come Reggie Bush, Vince Young. Stop. I miei Dolphins in quel periodo erano la squadra più debole della NFL. Richiedere a Dallas la maglia dei Fins provocava, nel migliore dei casi, un ironico sorrisino della commessa. Sfidai decisamente la signorina, passandogli alla cassa come prima la maglia degli Eagles (McNabb), poi però la riportai dalla mia parte con un "doppio Romo carpiato", vedi foto. Per me e per lo junior, con tanto di bottoni per pannolino. Il ghiaccio era rotto, ormai. A dicembre rimasi commosso quando M e S mi regalarono la numero 16 di Joe Montana, throwback 1990! L'anno dopo un collega mi aveva anticipato un passaggio a Miami. Fermo là! Mando il link via mail, con un po' di scetticismo perchè non è detto che chi passa a Miami abbia le mie paranoie come priorità. Ma al suo ritorno "Mauro, t'ho portato la maglietta!" Ossignur! La Tredici bianca, throwback 1984! La maglia della migliore annata di Dan Marino. Il mio Gronchi Rosa!
Insomma, ogni persona che incroci o per una città o per un aeroporto americano diviene ormai oggetto delle mie speranzose richieste, automaticamente.
E in tutto ciò ho scoperto un negozio anche ben fornito, a un chilometro da casa...


