lunedì 30 gennaio 2012

Piccolo spazio pubblicità

Domanda retorica: ci prendono per deficienti? Risposta banale: sì.

Ultimamente ho tempo da buttare per fare la punta all'insensatezza di campagne, cartelloni, spot in radio e in tele. No, non ci siamo nemmeno un po'. Capisco che sulla mediocrità altrui ci si possano fondare imperi, ma certi stili che avrebbero la pretesa di essere più penetranti e più efficaci mi lasciano più offeso che perplesso, devo essere sincero.

La menzione d'onore va al genio che ha scritto lo spottino di uno smacchiatore, paventando che "la paura della prima volta è sempre che qualche macchia rimanga" (qualcosa di simile), e alla tele l'inconsapevole casalinga sventola un tovaglione quadrettato nell'immancabile prato fiorito.

Avrei qualche obiezione da fare all'ultimo trend che mi fa salire una sontuosa arrabbiatura, quasi da urlargli contro quando sono nell'impossibilità di cambiare canale. Gli spot delle auto che pretendono di farti la morale. Li colga un fulmine, tutti indistintamente. Dal tizio che in crisi di vita si reinventa una wildilife per poi risalire sull'immancabile coupè da settantamila in versione base, allo spot in cui ti rinfacciano che hai passato una vita cercando di stare alle aspettative altrui ed è ora di dire basta, ovviamente a un certo TAN e TAEG, senza anticipo e con maxirata. Li odio. Mi dà sullo stomaco l'ipocrisia. Dimmi che è un bel giocattolone da 200 orari, pieno di tecnofrocerie di ogni tipo, che a modo suo per quelle prestazioni consuma pure poco, ma non ti mettere a disquisire sul fatto che la mia elevazione spirituale e realizzazione di uomo passi attraverso quello. Un Pietro Maso è bastato e avanzato, no? Niente. Implacabili. O la superfamiglia con villino elegantoso e monovolume pronta, con madre che ancheggia sensuale con la figlia e immancabile cagnolone scodinzolante, o la mena nazionalista di chi velatamente e cortesemente sbeffeggia i modelli della concorrenza. Puah.

Il top del top mi intristisce quasi, devo essere sincero. Politicamente ho sempre avuto un atteggiamento consapevole e critico, ma in sostanza non ho mai spostato il mio voto dal partito, sebbene negli anni ha pesantemente smarrito la sua identità e mi ha portato alla soglia del disamore definitivo. Lascio perdere discorsi ideologici, e mi limito alle ultime due patetiche uscite a livello immagine.

No, nun lo conosco. Mejo pe lui.
La prima è una bella lezione su come trasformare una buona opportunità in una riuscita patetica. Un paio di annetti fa, col solito stile pecoreccio una trasmissione di una rete dell'impero si mise a sbeffeggiare la poca cura del look di un giudice che aveva osato osare qualcosa contro il sire. Oltre alle badilate di letame dei giornali che titolano tutto maiuscolo, anche la tele si mise a fare esercizi di stile, diciamo così, pedinando il giudice, sfottendone i tic e il look non irreprensibile, lasciando trarre le conclusioni agli altri con la solita supponenza cafona. Dì lì a poco, uno degli esponenti di punta del partito, il capogruppo alla camera Franceschini, non trova di meglio che sfoggiare calzini dello stesso colore per esprimere la sua solidarietà, mostrando a tutti l'abbinamento cromatico con una fisicità da comico di fascia bassa.
Poteva anche aver espresso un concetto a parole che rendesse giustizia alla sua idea, ma automaticamente si è esposto al ludibrio per quell'uscita. Perchè in diciassette anni di politica attiva in cui in sostanza ha disastrato il paese, il B una cosa giusta l'ha fatta capire "Mai le scarpe marroni col vestito blu", cioè un minimo di attenzione al look non stona. 

E passi. E' l'uscita sbagliata di uno (a Roma si chiama "l'attimo del coglione").

La recidiva no, però. Non è stata l'uscita di un singolo, ma una campagna studiata a tavolino e applicata con sagacia. Da qualche tempo ho visto la città imbrattata di manifestume colorato con le scritte "Conosci Tizio?" "Conosci Caio?". E sul manifesto un linkettino minuscolo a una pagina FB, con tanto di logo del social network. Bloccato nel traffico comincio a pensare... FB non ha bisogno di pubblicità su cartellonistica stradale, non è da gniu ecònomi.
Altra opzione. Solito filmettino stile "io e te tre metri sotto il cedro" (cit.), con annesso dispiego di lucchettame vario a Ponte Milvio. E mi ero assestato su questa, pensando "in fondo devono campà pure questi". 
No.
Dopo qualche giorno emerge la pietosa verità. Una dirigente dello stesso partito viene a sapere a posteriori che si tratta di una brillante idea per il tesseramento giovanile. Giustamente, direi io, si sono presi valanghe di pernacchie, hanno rinfrescato una bella tradizione di autolesionismo. Dulcis in fundo, Faruk dorme pure preoccupato perchè una bella percentuale di quelle ermetiche opere d'arte erano affissioni abusive.
Come degna chiosa di questo riuscitissimo esperimento sul social, ho ascoltato una intervista su R24 del segretario amministrativo che con una notevole dose di protervia ha detto che il partito non può essere ritenuto responsabile del fatto che gli attacchini mettano i manifesti dove capita. Stavo per telefonargli.

Ah, nota a margine. Non ho menzionato esplicitamente nessuno dei brand commerciali a cui ho accennato. Una volta mi è capitato di citarne due per semplici necessità di chiarezza espositiva e il giorno stesso nelle stats del blog ho visto gli accessi da parte di società che fanno controlli sulla web reputation dei loro clienti. No comment. Rileggersi un po' di Pasolini, giusto per.

giovedì 26 gennaio 2012

Epoxy Lady

Tenacità policroma
Ok, il titolista s'è gasato. L'alternativa era "Ode alla colla", che forse era pure peggio.

Nelle mie estemporanee esperienze bricolistiche (e credo che valga più o meno per tutti), nel tempo si s'è delineato e consolidato un certo numero di totem, cose che sono riuscite a scavarsi la loro nicchia di strumenti-di-cui-non-si-può-fare-a-meno.

Nell'ordine.
  • Trapano wireless con tanto di percussore. Set di punte variamente assortito. Copro dalle corazze dei blindati alle operazioni odontoiatriche. Esperienza indimenticabile riportata qui
  • Set di chiavi con innesto a brucola. Numero di inserti vario, invito a diffidare delle valigette da bancarella di ovvia provenienza cinese, perchè incastrano male e funzionano peggio.
  • Cacciavitino di precisione con trentotto, dicasi trentotto punte diverse, comprato a saldo in ferramenta per quattordici euro ben spesi. Incluse addirittura quattro punte torque di grandezza diversa. Ci ho aperto il Mac, ciò basti.
  • Coltellino svizzero. Quarantadue tool, copre dalla pesca allo smontaggio delle schede di rete fino a una vasta gamma di reati contro la persona e contro il patrimonio su cui non mi dilungo.
L'ultimo arrivo nell'olimpo degli strumenti-di-cui-non-si-può-fare-a-meno è quello ritratto in figura. E' praticamente l'idea platonica di colla. Quella che una volta applicata secondo istruzioni e atteso il tempo necessario, in qualsiasi condizione operativa e ambientale non la stacchi più nemmeno se ti vengono le crisi isteriche. Sua maestà la resina epossidica bicomposta (o bicomponente, ad essere pedante).

Questo appiccicaticcio miracolo della chimica in sostanza è una soluzione finale, nel senso che una volta applicato e asciutto può sopportare pressioni che si applicano solo con l'uso di macchinari, non con le mani. Onestamente in nove casi su dieci è proprio un overtreatment, è come stanare formiche con l'Enola Gay. Ma la soddisfazione. Venni reso edotto della sua esistenza da M, ex collega che ne vantava le qualità e l'inattaccabile tenacità (copyright Checco Zalone...). Me ne ricordai lo scorso anno, esasperato dalla guarnizione di un finestrino della mia auto che periodicamente andava fuori posto e provocava infiltrazioni d'acqua. Fastidiosissime. E una mattina in cui ero incazzato anche più solennemente del solito, mi cade l'occhio sulla doppia siringa applicatrice esposta in ferramenta. Perfetto. Appena ho avuto modo, ho preparato l'impasto bicomposto all'interno di un recipiente refrattario (senza farla lunga, va bene un bicchierino di plastica), ho mischiato per i tre minuti prescritti, ho spiattellato sul posto con la dovuta generosità e ho applicato un morso costrittore per buoni cinque minuti. Sebbene il risultato sia esteticamente discutibile, ovviamente anche sotto il diluvio il problema non s'è più riproposto, eccheddiamine. Uno a zero per la bicomposta.
Settimana scorsa, antina della credenza di cucina che ormai ballava troppo, colpa di una cerniera che ormai aveva un po' consumato il truciolare in cui era inserita (non si fanno più le cucine di una volta, ce lo so). Proprio con sguardo di sufficienza, smonto lo sportello, allento un po' le vitine delle cerniere, mi infilo chirurgicamente con la bicomposta nel punto incriminato. Certo che come odore, porca eva, pare un doposci appena tolto dopo una camminata di sei ore. E quando impasti, il bicchierino utilizzato si surriscalda nemmeno poco. Ma adesso, come dire, nun nazzica più.

Avvertenza (mi sa che s'è capito). Occhio alle mani e ai vestiti, perchè quando è asciutta è asciutta. E basta.

venerdì 20 gennaio 2012

Banda e Romanzo

Er Libanese
Romanzo Criminale è un plot scritto veramente bene. Il libro alla fine è pretenzioso, ma si può leggere. Anzi, si legge bene. La serie televisiva è fatta anche meglio del libro, merito di un'ottima regia, di una cura impeccabile per le ambientazioni, con le musiche giuste, con un eccellente gruppo di attori giovani e poco conosciuti.

Come noto, il libro è una ricostruzione romanzata ma agganciata al vero della storia della banda della Magliana, gruppo criminale che mise Roma a ferro e fuoco a cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta. In una città in cui la delinquenza non agiva in maniera coordinata e strutturata, la banda ebbe l'idea vincente, per un po', di ragionare in termini organizzativi. Fare utili e reinvestirli. Alzare il livello di complicità e commistioni con lo stato. Stringere alleanze con altri gruppi criminali. Il tutto con l'uso indiscriminato e sistematico della violenza, delle armi. Non c'era un'ideale dietro, ma una idea di business. Armi, droga, costruzioni. Storia nota, ma non del tutto.

Il libro di De Cataldo riprende i tratti fondamentali delle cronache di quel tempo, il sequestro e l'omicidio del barone, il rapimento di Moro, la strage di Bologna. I personaggi sono caratterizzati in modo eccellente. Il Libanese, Dandi, er Freddo, Scrocchiazzeppi, Trentadenari, er Teribbile, Fierolocchio, i Buffoni. La guerra urbana è resa in tutta la sua truce evoluzione. Emergono i veri capi, per coraggio e carisma. Il Libanese e Er Freddo. Dandi no, troppo opportunista. Ma i due sono alla fine eroi negativi, samurai urbani la cui violenza viene raccontata, motivata ma non giustificata. Il loro odio verso tutto e tutti, la determinazione di prendersi la città e il fatto che alla fine ognuno dei due poteva fidarsi fino in fondo solo dell'altro. E prendono due strade diverse. Il Freddo, preso dall'amore per Roberta, che si propone di cambiare vita. Il Libanese no. Sempre più perso nella coca, sempre più assorbito nei deliri e nelle paranoie, trova la morte da uomo solo in una notte di pioggia sotto casa di sua madre (nella serie, non nel libro).

La serie è ispirata dal libro, non uguale. Tutto sommato è un bene. Sia l'uno che l'altro hanno i loro pregi.
Gli eroi maledetti, la loro umanizzazione, la partitella tre contro tre sulla spiaggia prima dell'arrivo del carico che avrebbe sancito il loro punto di non ritorno. Unico punto dove vedi non tre criminali, ma tre ragazzi di periferia che prendono un pallone a calci per divertirsi e ridere. E non possono non ispirare un minimo di empatia.

Non nella realtà. E' stata la pagina più nera della storia recente di Roma. Quel libro e quel film, che giustamente vogliono anche ricordare cosa accadeva, lasciano aperta una insidia sottile. Ricorderei sempre che fra quelle persone non c'è stato nessun eroe, neanche maledetto.

giovedì 19 gennaio 2012

Adgangskode udløbet

Passeggiata crepuscolare a Horsens
Sottotitolo: diario minimo della vacanzina danese.
Per argomenti e senza cronologia...

Il senso del gusto.
Abitare per una settimana con uno chef è una esperienza che mi mancava. In quei giorni M ci ha deliziato veramente con la sua arte, non è una forzatura. Non so da dove iniziare. Dagli gnocchetti con le chele di granchio con cui siamo stati accolti, all'ossobuco al sugo del giorno dopo, con quel sugo che era talmente buono che lo abbiamo riciclato per il primo la sera stessa. E la ricetta del brasato, mirabilmente messa in campo da L per il cenone, e il tortino al cioccolato (moglie, ti ricordo sempre che la ricetta che hai copiato è per sessanta porzioni...), le bistecche. E il maiale. Nell'iperuranio ora starà pensando che se è finito in mano a uno così la sua vita ha avuto un senso. Braciole, fegatelli, porchetta, salsicce e una pancetta speziata come si deve, con il grasso che aveva assorbito bene il gusto e mandava un profumo che catturava. Lo so, qui la parola non rende. Fidatevi. E a tavola tutti insieme, un silenzio che di tanto in tanto veniva incrinato da qualche mugugno concupiscente. E le chiacchierate con lui, che ci raccontava le sue storie di vita condite da una bella inflessione toscana. Grazie M!

Religione e geografia
Tratto di autostrada danese, con una parte in leggero dislivello. L che va a ruota libera "Questa parte qua è famosa, è la Variante di Vejle, non so da quanto è che stanno a rompe le palle pe ottocento metri de autostrada, pure sui telegiornali... Poi qui a sinistra è il punto più alto di tutta la Danimarca, me sa che non arriva nemmeno a quattrocento metri... però c'è 'na specie de santuario, davanti c'è pure un monumento, tipo la madonna de San Paolo...". Segue meditativo silenzio... Mi viene da vergognarmi. Cavolo, vivo a Roma, una delle opere in una delle sette basiliche maggiori, dovrei conoscerla, no? Niente, nè io nè mia moglie riusciamo a capire se ci sia una statua o un dipinto nella basilica. 
Ma L aggiunge: "No, la madonna quella che sta a San Paolo in Brasile, quella con le braccia spalancate..."
"Aoh, quello è Gesù Cristo e sta a Rio, vedi un po'..."
"Ah, me pareva"
Fatto sta che da quel momento la statua, per venire incontro alle esigenze di tutti, è stata ribattezzata Il Redentøre.

Angry Birds.
E' ufficiale. Genera dipendenza. Si tirava tardi per stanare i porci dai loro fortilizi, ma ho comunque affinato tecniche balistiche notevolissime. Mi sono autoproclamato cavaliere Jedi, al motto di "Usa la forza Luke. Usa l'uovo e la gallina". E ho trovato l'intera collezione in un negozio di giochi :). Caw-caw!

Horsens
Nel sentire comune, il porto spesso è il punto malfamato di una città. Per strano che possa sembrare, in paesi diversi dall'Italia ci sono amministratori pubblici che fanno anche delle cose sensate. Intorno al porto di Horsens sono state costruite infrastrutture di ottima qualità e la città nel tempo ha promosso la sua immagine come posto di tendenza dello Jutland. La città non è grande, ma ha una edilizia gradevole ed equilibrata, ampie zone pedonali con locali per tutti i gusti, il porto è stato integrato in maniera intelligente e oltre ad assolvere alle proprie funzioni strutturali è anche un posto caratteristico. E sono stati creati spazi e luoghi per eventi, grandi concerti, punti di aggregazione. Con un po' di sana intelligenza, il risultato è carino.

La divanocicletta
Porcaccia la miseria, che non li ho fotografati. Ci passa a trovare una coppia di amici di L. Caffè, chiacchieratina incrociata fra inglese, italiano e danese, persone allegre ed estroverse. Ci salutano per tornare a casa. In bicicletta. Ma non ognuno con la sua, nè con un tandem. Il telaio è quello di un tandem, ma al posto della parte anteriore avevano installato un divanetto con cuscini dove lei si è leggiadramente adagiata, col suo vestito colorato e col fiore rosso in testa, salutandoci. Lui in effetti faticava un po' sui pedali e soprattutto con lo sterzo. Ma quanto erano caratteristici. E un applauso alla loro originalità e alla loro simpatia, davvero.

E non vogliono crescere...
Capodanno, mezzo pomeriggio. Momento di stanca in casa. "Annamo a fa' du lanci, va". Non possono mancare. Noi col football alla fine ci siamo cresciuti. Ci troviamo un cortiletto di un ufficio chiuso, ci mettiamo lì a lanciare. Senza eccedere, non siamo più due ragazzini. Ma un gusto. Un po' di braccio ancora c'è. La mira pure. Sono andato in difficoltà quando il pallone mi ha superato ed è finito nel giardino dietro di me, addosso alla cassetta delle lettere. Camminando ad altezza nano da giardino ho ripreso l'oggetto, e abbiamo ricominciato. Mezz'oretta, non oltre, anche perchè la luce del giorno era finita e tra quando vedevi la palla arrivare e quando questa ti si stampava in faccia ormai avevi un margine di due o tre decimi. Non esageriamo, va.

Il titolo del post
"Password scaduta". Con quel che ne deriva :)