mercoledì 23 giugno 2010

Who needs enemies.../6

Aver avuto vicino qualcuno come Lui per tutto il periodo universitario mi cautela anche verso eventuali crisi creative. Basta un po' di sforzo, un minimo di restyiling. E senza bisogno di abbellire o modificare, il plot sta bene già così. Una benedizione, a suo modo.

Dunque.

Per buona sorte di chi si trovi sul suo cammino, va detto che Lui è astemio. A spiegarsi meglio: già da sobrio è così, figurarsi se per caso...

Bene. Lezioncina del quinto anno, sufficientemente specialistica, posata lì con leggiadria in un dopopranzo primaverile. Il prof era uno degli illustri anziani del corpo docente, e passava la sua scienza agli alunni mediante dei lucidi ormai storici, su cui basava tutte le sue spiegazioni declamate in un musicale accento napoletano con una erre moscia aristocratica. Un po' come parlava Enrico Montesano durante lo scherzo al figlio di Manzotin in Febbre da Cavallo (ecco il video. Merita!).
Per una volta, Lui si concede una birretta acquistata al negozio di alimentari interno della facoltà. Risky.

La lezione si svolge in un auletta non grandissima, poche file nemmeno piene di studenti. Finestre chiuse, luce spenta. Il prof inizia. Sarà per il tepore primaverile, sarà per la birretta, sarà per il buio in sala ma dopo qualche minuto si percepisce un rumore di fondo inequivocabile. Lui si era addormentato e stava russando placidamente durante la lezione. Il professore osserva bonariamente "Ragazzi, forse il collega nun ze sente buono. Spostiamoci nu poco di qua".
La lezione prosegue, ovviamente. Quando manca una decina di minuti, Lui si sveglia e riprende subito a seguire la spiegazione con l'aria "tutto sotto controllo" necessaria in questi casi.
Si termina, il prof inizia a riporre i lucidi nella sua ventiquattrore, mentre si avvicinano gli studenti che gli fanno le solite domande sulla lezione, sulle prossime prove d'esame e quant'altro.

Più per non sfigurare che per effettive necessità cognitive anche Lui si muove verso la cattedra.

E lì non c'è certezza sulle cause, fatto sta che Lui inciampa, comincia a cadere in avanti verso il professore e rovina praticamente sopra la valigetta con i lucidi, chiudendo in mezzo le mani del professore...

Va da sè che non riesco ad aggiungere altro :D




martedì 22 giugno 2010

Oil spills


Da circa due mesi un pozzo scavato nel golfo del Messico per i profitti di pochi sta devastando l'ambiente e la vita animale in modo drastico, pressochè irreversibile. Le prospettive sono terrificanti. In questo momento una quantità anche calcolabile di petrolio continua a zampillare inesorabile da una trivellazione fatta economizzando sui dispositivi di sicurezza e sui relativi controlli. Il gas naturale che fa da propellente a questa spaventosa bomboletta spray può durare tranquillamente fino a tutto il mese di agosto, e solo dopo alcune trivellazioni parallele potranno mitigarne la spinta, si dice. La capienza del serbatoio è tale che le fuoriuscite possono andare ancora avanti per un paio di anni. Questi i dati tangibili del problema e non sentiamoci troppo fuori perchè le correnti faranno i loro giri e c'è il rischio che tra qualche mese Portogallo e Inghilterra sperimentino la corrente del golfo nella nuova versione. E poi?

Penso agli esseri umani, prima di tutto.
A chi con quell'ambiente convive da generazioni, alla pesca, ai gamberi di fiume del Bubba di Forrest Gump, a chi ci fa le vacanze perchè per essere vicino casa is not that bad e perchè magari non può permettersi altro. Alle storie d'amore nate su una spiaggia che non vedrà nascerne altre per un bel po', perchè non si può fare una passeggiata con i piedi sul bagnasciuga, e anche accontentandosi della sabbia si cammina su una poltiglia bituminosa e puzzolente, con qualche cadavere di animale spiaggiato qua e là. A chi ha rivisto la luce a fatica dopo Katrina, per poi capire che quella luce era solo il prossimo treno che si avvicinava minaccioso.

Penso agli animali, alla vita della natura in quei posti. Catene alimentari stuprate per sempre per mancanza di prede e di predatori, piante che non possono più nutrirsi nello stesso modo. Intere razze ittiche a rischio di estinzione oggi per domani. Biodiversità cancellate d'imperio per avidità e sciatteria. E le immagini dei pesci morti, pennuti intrisi di petrolio, che li avvelena lentamente e irreversibilmente perchè non tutti hanno la forza di arrivare in un posto in cui qualcuno possa accudirli, lavare l'olio dalle piume, disinfettarli, nutrirli, riabituarli alla vita e liberarli di nuovo.

Penso all'impegno che sta profondendo Barack Obama, persona che stimo. Ci sta provando, ma temo che abbia impiegato più tempo del necessario a capire quale fosse la vera portata del disastro e a trasmetterla a chi ha intorno. E forse ha usato male il suo tempo nella fase in cui ogni ora era preziosa. Ci ha messo un po' troppo a scomodare il totem dell'Undici Settembre per far capire cosa stia succedendo.

Penso poi alla BP. Un senatore repubblicano ha avuto il suo quarto d'ora di celebrità esprimendo solidarietà poichè la compagnia è stata obbligata a stanziare fondi per risarcire le varie fattispecie di danno. Bene. Vogliamo parlare del danno non quantificabile causato dal pressappochismo e dalla manifesta incapacità di questi signori? Esiste un rimborso che soddisfi la fine della mia dignità di pescatore, la morte dei miei paesaggi, le malattie su grandi e bambini che verranno provocate dalle condizioni ambientali deteriorate? Per il volume di affari di una azienda come questa, quello stanziamento non è altro che un fastidioso incidente di percorso per il titolo in borsa, è l'iscrizione di una voce a bilancio, è un danno di immagine collaterale. Male che vada una lunga serie di transazioni giudiziarie tirando al ribasso, un ridimensionamento dell'organico al fine di avere una compagnia dimagrita di molti rami non profittevoli, una compagnia still competitive albeit smaller, come si usa dire. Nel medio termine c'è il rischio che ne guadagnino pure, non mi sentirei di escluderlo. Ma penso anche all'ottusità omicida che hanno dimostrato, al "risolviamo tutto e subito e senza ombra di dubbio", alle aggettivazioni inutilmente roboanti, al "top killer" che avrebbe dovuto limitare il problema ad un divieto di balneazione di pochi mesi, al rifiuto quasi seccato di chi, come Cameron e Kevin Costner, proponeva semplicemente di condividere una esperienza maturata in settori diversi in un momento in cui il tempo è critico perchè le cose sono messe veramente male.

E il loro ineffabile CEO dallo stipendio di giada, che sabato scorso era a regatare in qualche posto alla moda, e fra qualche anno sarà a riposo in qualche isoletta inaccessibile, magari mangiando gamberoni con Warren Anderson, il killer di Bhopal.

venerdì 18 giugno 2010

Who needs enemies.../5

Una delle mie preoccupazioni principali dopo la maturità classica era quella di ricrearmi un minimo di socialità goliardica, diciamo così. Magari mi serviva un nuovo compagno per la briscola. Gli studenti di Ingegneria dovevano essere per forza persone serie, ordinate, precise e inquadrate, almeno a mio avviso. Mai previsione fu più sbagliata.

La genia di personaggi che ho avuto modo di conoscere in quel periodo è stata veramente notevole. Un bel gruppo di amici con cui non è mai cessata la frequentazione, lavoro permettendo. Tante persone in gamba, che hanno fatto strada in Italia (che è più difficile) e fuori (serve solo un po' di coraggio). Gente curiosa, in qualche caso proprio strana.

E poi Lui.

Il Lui in questione è capace di trasformare ogni occasione accademica, sociale o ricreativa in un evento da tramandare ai posteri. In un racconto a cui nel tempo, inevitabilmente, si sovrapporranno revisioni, nuovi ricordi, leggende metropolitane, versioni apocrife. Ma la sola presenza di Lui trasforma una banale lezione in qualcosa per cui vale la pena dire "Io c'ero".

Era decisamente il fattore X del gruppo di persone con cui studiavo, frequentavo, prendevo i posti in aula. Persona intelligente, allegra anche se con qualche tratto rancoroso e con un senso del tempo comico da vero fuoriclasse, a volte.
Ma con un tenue problema... Sostanzialmente pensava a voce alta, sempre e comunque.
E con una passione viscerale: la Roma.
Unendo il tutto ne viene fuori il seguente episodio, che meriterebbe una sorta di lapide davanti all'aula 27 di San Pietro in Vincoli.

Una esercitazione di Calcolatori Elettronici è l'ultimo livello prima della punizione fisica, parliamo chiaro. L'esercitatore non è un campione di simpatia, programmare in linguaggio assemblativo sarà pure interessante per i primi due o tre esercizi ma poi c'è di meglio. Mettere una esercitazione dalle 17 alle 19 è coerente con il quadro. E per un caso, una esercitazione cadde (parliamo dei primissimi anni Novanta) in contemporanea con un Sampdoria-Roma di Coppa Italia.

Lui ha sempre lo stesso posto: in prima fila, il terzo da sinistra.
Lui segue l'esercitazione, perchè è studente diligente e coscienzioso.
Lui però ha l'auricolare guasto, e la Roma è la Roma.

Ergo, radiolina incastrata fra orecchio e spalla, copia quanto scritto alla lavagna più o meno emulando un fax, favorito in questo dal rumore che emetteva la radiolina che regalava a Lui e vicini il commento della partita.

L'esercitazione prosegue, la partita pure.

Ad un certo punto avviene l'imponderabile... "Attenzione, calcio di rigore per la Sampdoria!".
A modo suo Lui non la prende benissimo.
Bestemmione.
Cadono nell'ordine: radiolina, blocco appunti con effetto nevicata, che i fogli non erano attaccati agli anelli, una parure di matite colorate che vai a capire perchè...
Ovviamente tutta la zona limitrofa è in lacrime per le risate e nessuno si alza per farlo passare, cosicchè per raccogliere il tutto Lui deve scavalcare la fila e il prof si gira... "Che è che...".
Lui perentorio "Non è successo gnente, vada avanti".
Il prof quasi intimorito si rimette all'opera.
Lui raccoglie il tutto e si rimette in postazione, con la radio riposizionata strategicamente.

"Tutto è pronto per il calcio dal dischetto. Parte Vialli. PARA CERVONE!".

Lui scatta in piedi e davanti ai settanta-ottanta privilegiati in aula si esibisce in una magistrale esecuzione del gesto dell'ombrello, si gira verso il collega allibito, lo prende per le spalle e lo scuote urlacchiando "Gliel'ha paratoooooo!!!".

Si risiede, visibilmente soddisfatto, mentre nel resto dell'aula s'è verificato un effetto domino collettivo per le risate. Il prof, appena risentito..."Noto con piacere che ha risolto i suoi problemi, ora se mi fa proseguire...".
Non credo serva altro e poi scrivere mentre si ride non è facilissimo :)

mercoledì 16 giugno 2010

"Houston, we've had a problem here"


Se vi accorgete che alle elementari vi hanno privato della lettura dei libri di Jules Verne, per me ci sono gli estremi per intentare causa all'istituzione. Vi hanno tolto qualcosa. Verne va letto, magari non tutto, ma va letto. E con lo spirito e l'immaginazione fertile che abbiamo fra gli 8 e gli 11 anni. E no che ci stanno a piallare l'esistenza con il libro Cuore, che si legge meglio alle superiori (e per inciso si fa il tifo per Franti).

Il mio Verne è il dittico Dalla terra alla luna e Intorno alla Luna. Il primo è stato scritto nel 1865, centocinque anni prima dell'Apollo 13, viaggio molto meno letterario ma incredibilmente vicino alla vicenda narrata dallo scrittore francese.

Alla luce dell'iter della conquista dello spazio del ventesimo secolo lo scritto di Verne, se da una parte fa tenerezza per i modi avventurosi, le approssimazioni scientifiche, il candore dei personaggi, dall'altra deve essere rispettato per la cura dell'aspetto tecnico e delle ambientazioni e per la fiducia mostrata in largo anticipo verso le capacità umane.

La trama è nota: il Gun Club di Baltimore, colorita congrega di artiglieri messi forzatamente a riposo dalla fine della guerra civile, si propone di inviare un proiettile sferico sulla luna. Raccolta di fondi, progettazione, studio del problema sono quasi a compimento quando un telegramma stravolge l'intero pianeta "Sostituite obice sferico con proiettile cilindro-conico. Viaggerò dentro proiettile. Firmato Michele Ardan". Un avventuriero francese che diventa eroe popolare e poi vero e proprio idolo quando convince anche il presidente del Club (Barbicane) e il suo irriducibile nemico (Nicholl) ad unirsi a lui nel viaggio col pretesto di veirficare l'esito di una scommessa. Viene costruita una immensa bocca da fuoco (il Columbiad) nei pressi di Tampa, e davanti ad un pubblico di milioni di persone vengono sparati in orbita da una carica al fulmicotone. Ma ad un certo punto del viaggio un asteroide di piccole dimensioni passa troppo vicino al proiettile e ne cambia la traiettoria in modo impercettibile, ma tale da rendere impossibile l'allunaggio, condannando il proiettile a diventare a sua volta satellite della luna. Finchè, dopo accurati studi, i tre ricavano una spinta extra dai razzi del dispositivo di assorbimento dell'urto iniziale, ma anzichè sulla luna ritornano sulla terra, dove verranno raccolti in mezzo all'oceano.

Nel 1970 Jim Lovell, Ken Swigert e Fred Haise partirono dal Kennedy Space Center di Cape Canaveral (Florida) diretti verso l'altopiano di Fra Mauro a bordo dell'Apollo 13 (altro film che va visto...). Dopo tre giorni un guasto all'impianto di rimescolamento del propellente mette seriamente in dubbio l'incolumità dell'equipaggio, oltre a far abortire la missione e l'allunaggio. Dopo avere orbitato intorno alla luna l'equipaggio è costretto all'accensione dei razzi dell'orbiter per rimettere tutto il veicolo su una traiettoria di rientro libera. Splash nell'oceano con il pathos del ritardo nel contatto radio al rientro nell'atmosfera. "Un fallimento di successo", come disse poi Jim Lovell.

Beh, giù il cappello davanti a Verne :).
E grazie a wikisource, che rende disponibile online tutto il libro.

lunedì 14 giugno 2010

Il bipolarismo perfetto


Molto spesso i film non sono migliori dei libri da cui vengono tratti. I motivi sono i più vari, il film ha dei vincoli temporali che il libro non ha, la fruizione deve necessariamente essere differente, la storia ogni tanto viene un po' maltrattata per esigenze sceniche. A titolo di esempio, se il cinema prendesse il libro come verità assoluta, la saga di Rambo si arrestava al primo...

Una delle eccezioni più gradevoli al riguardo è la filmografia di Don Camillo e Peppone. I film, curati nel secondo dopo guerra da vari registi, pescavano gli episodi qua e là dai libri di Guareschi, salvando la dinamica delle singole storie, non tanto la sequenzialità del libro di provenienza, con l'eccezione de Il Compagno don Camillo.
Ma le storie dei vari film, tranne forse il Ritorno di Don Camillo (noiosetto...), spesso hanno un appeal anche maggiore rispetto agli scritti di provenienza.

Secondo me, tale enhancement deriva tutto dalla bravura di Gino Cervi e di Fernandel, semplicemente perfetti per quei ruoli. Gino Cervi aveva un background di notevole spessore, anche come attore teatrale. Fernand Contadin in arte Fernandel (voce: Carlo Romano) in Italia divenne noto soprattutto per l'eccezionale caratterizzazione che fece su Don Camillo. Viene difficile immaginarlo in abiti differenti da quelli del burbero ma delizioso parroco di Brescello. La dinamica fra protagonisti e antagonisti era chiara e fedele allo scritto, ma molto spesso anche l'operato del sindaco comunista più famoso d'Italia era visto con occhio benevolo. I due personaggi vanno molto più d'accordo sul grande schermo che non sui libri. Quei film erano graziosi, sostanzialmente innocui e se vediamo il clima del paese all'epoca possiamo anche spendere l'etichetta di politically correct.

Proprio per questa sostanziale coabitazione in un ruolo positivo dei due estremi inconciliabili, cattolicesimo e comunismo, sarebbe interessante approfondire un po' la storia dell'autore e del contesto nazionale del periodo. Giovannino Guareschi si sarebbe orgogliosamente definito un porco reazionario, usando le parole di Peppone. Anticomunista militante, scrittore di satira in un giornalino diretto da Zavattini, negli scritti andava giù in effetti molto duramente.
L'Italia postbellica era quella ritirata su dal piano Marshall, quindi era difficile immaginare che i blocchi in quel periodo potessero coesistere o sfumare le proprie posizioni. Guareschi era connotato politicamente in maniera molto decisa, senza troppe virate di convenienza. Mi incuriosisce sapere cosa ne pensava del Peppone cinematografico, poichè quello cartaceo di solito veniva abbastanza maltrattato. Ma mi viene da pensare che comunque Guareschi volesse bene in un certo senso al personaggio Giuseppe Bottazzi. Intanto perchè la contrapposizione col nerboruto parroco era sempre vissuta sul filo del rispetto reciproco, quand'anche le discussioni fra i due terminassero pacatamente a sediate in faccia. Poi perchè Peppone aveva comunque il dono dell'ironia, della bonomia. A suo modo era un galantuomo a cui l'autore rendeva comunque l'onore delle armi anche nell'inconciliabile diversità politica. E poi, nell'economia di quei racconti, il valore della somma dei due è maggiore di quello dei singoli. Ognuno dei due assume quella connotazione in presenza dell'altro da combattere. E da combattere nel rispetto di certe regole.

Poi quei film hanno comunque tratti comici e narrativi gradevolissimi. Le chiacchierate col Cristo dell'altare maggiore, le risse, i consigli comunali, l'esame di quinta di Peppone, il leggendario siopero della fame di Don Camillo.

Volevo scrivere un giudizio duro su Guareschi, ma ho pensato che quel tipo di ruolo antagonista oggi è ricoperto da Feltri. Una prece.

lunedì 7 giugno 2010

Una onesta carriera criminale

Parti dal basso, perchè hai fatto qualche errore e sei appena uscito dal gabbio. Cerchi di riscoprire i tuoi legami familiari, la madre passata a miglior vita, che ti ha anche dato il cognome perchè il padre vallo a trovare. Just gangsta life.

Cominci ad impadronirti di qualcosa con quattro ruote e un motore. Si ma è occupata. Marginale. "Scendi, pezz'i bastasu..." Fa storie, gli passi sopra. Si rialza, metti la retromarcia.

Prime attività, si comincia dal basso. Accompagna le ragazze a fatturare, fra marciapiedi, locali, singoli clienti. Se qualcuno recrimina sul servizio, convincilo.

Ti nota una famiglia italoamericana. Diciamo la buona borghesia del posto. Business vari. Rifiuti, locali, droga, protezione del business altrui per modico compenso. Questi pagano meglio, hanno macchine migliori anche se devi sorbirti "La donna è mobile" mentre sporgi l'AK 47 dal finestrino dell'auto per eliminare un po' di sporcizia dai marciapiedi.

E poi ti fanno fare cose più divertenti, perchè non vanno poi così d'accordo con la locale propaggine della Triade... Inseguire uno con un'ascia in mano per le stradine del loro nauseabondo quartierino è spassoso. L'ultima volta praticamente è rimasto un tutt'uno con gli involtini primavera e i ravioli grigliati. Indistinguibile.

Il bello è che non si rassegnano. Non hanno capito come funziona l'economia reale, qui. Allora continui a spiegarglielo con le buone. Come quella volta che ti sei presentato dal tuo amico Eight Balls con il Mazzocchia (il camion dei rifiuti, il Thrashmaster...), per farglielo revisionare con quel po' di tritolo che ognuno di noi tiene fra i ricordi di infanzia. Poi sei andato al mercato del pesce per parlare con il capo, quel Chang-Qualcosa-Li. Domandare è lecito, rispondere è cortesia. Lui non lo ha fatto, tu non hai battuto ciglio. Hai solo parcheggiato il Mazzocchia e premuto un bottoncino. La pioggia di branzini grigliati è finita dopo due giorni.

Quella è stata divertente. Solo che la tua ascesa ha destato più d'un sospetto, e anche se ti sei opposto al desiderio della figlia del capo di farlo saltare in aria, ormai lì non respiri più bene. Ti serve un altro posto, un'altra idea di business. La trovi, perchè nei quartieri bene ci sono molte cose da fare. Sostituirti alla bodyguard del trafficante che sta per arrivare all'aereoporto, e accompagnarlo dove non si aspetta (tanto non la racconterà). Fare un simpatico shoot'em up con quei tizi sopra la nave che proprio non vogliono farti piazzare quella carichetta di esplosivo. Rinchiudere quei due o tre cadaveri dentro al baule del suv, per poi portarlo sotto la pressa per una soluzione pacifica di una divergenza commerciale. Buttare fuori strada chi fa attacchinaggio per il candidato antipatico, accompagnare la donna dal boss che si sta annoiando, stoccare quei simpatici residuati bellici che possono tornare utili casomai la pioggia di branzini non abbia chiarito chi comanda. Insomma comincia ad essere faticoso. Per fortuna che se sei stanco ogni tanto fai salire qualche bella chica a bordo, ti apparti e metti a dura prova gli ammortizzatori del veicolo (prezzi modici, siamo in un paese civile).

Ma che capolavoro che può essere la saga di Grand Theft Auto!

Ironia, notevoli dosi di scorrettezza politica, stereotipi volgari, musica stupenda, ritmo di gioco coinvolgente, personaggi esilaranti. Bellissimo, anche il richiamo alla realtà di certi tipi criminali. La famigghia stile Padrino, le rivalità etniche, le vamp, i narcos, i trafficanti di borsa, il parroco alternativo, non ci si nega proprio nulla.

L'unico personaggio palesemente irreale è Donald Love. Questo tizio è il proprietario di un network televisivo locale. Pieno di debiti, problemi coniugali a pioggia, legami con la criminalità del luogo. E che uno così si candidi a sindaco può veramente succedere solo in un videogioco.

venerdì 4 giugno 2010

De Idraulica Domestica (Sartre vs. "la soluzione A")



Adattando alle esperienze personali un vecchio spot di nota bibita con bollicine avente ricetta segreta, potrei affermare che le tre paure di un uomo sono l'agenzia delle entrate, l'idraulico e la retrocessione.

Al momento come esperienza traumatica manca solo l'ultima, ma c'è tempo. La prima non si nomina.

Per quanto riguarda l'idraulica, prima dello scontro fra la versione letteraria e quella real life magari qualche premessa aiuta.

Primo: ammettere l'esistenza di vincoli oggettivi. L'idraulico solitamente è impegnato a prescindere, anche il suo tempo costa, in nove casi su dieci non può fare un preventivo semplicemente "a occhio". Questo va riconosciuto e tenuto in conto.

Secondo: anche il profano può fare un minimo di prevenzione e di manutenzione di base. Periodicamente si possono pulire i rompigetti dei rubinetti, cambiare eventuali cartucce di anticalcare per lo scaldaacqua, utilizzare prodotti ausiliari che prevengano le calcificazioni, anche del semplice bicarbonato. Passare il disgorgante una volta l'anno. Con un po' di ardire si può anche accettare un minimo di rischio e lavorare con la sonda a molla, proprio se ci si sente confidenti e se si ha già idea di dove sia il problema. Ma anche con questo approccio virtuoso, non si scappa. Prima o poi il giorno arriva, nelle forme più mutevoli e insidiose. Insidiose anche e soprattutto economicamente (vedere punto primo: il tempo dell'idraulico costa).

Un esempio divertente di tubo ostruito in letteratura si trova ne Il sifone di Sartre, gradevole manualino che affronta i lavori domestici più comuni assumendo il punto di vista di vari scrittori. Nel capitolo dedicato allo stappo del sifone, narrato appunto alla Sartre, si ha un confronto amaro, esistenzialista, fra la discesa agli inferi del flessibile e il grumo di capelli di Anne, che ostruivano la conduttura. La lotta per trovarli, "capirli", agganciarli e rimuoverli dura un paio di paginette. L'esito finale ha un che di catartico, è la rimozione di un tappo interiore e questo processo porterà il protagonista a voltare finalmente pagina dopo la fine della sua storia malata con Anne. Via l'ingorgo idraulico, via quello esistenziale, si parte per un nuovo capitolo.

La realtà è appena differente, purtroppo.

Intanto per definizione il problema idraulico si manifesta alle soglie del weekend, meglio se festivo, quando scatta il tariffario delle urgenze. Quindi la prima opzione è quella di aspettare il primo business day utile (ma non è sempre possibile...) piuttosto che destinare cifre a tre zeri alla soluzione del problema. Si dà per implicito che qualsiasi tecnica da autodidatta si sia già mostrata inutile.

Il primo step è un consulto con chi ne sa strutturalmente un po' più di noi. Se disponibile, di solito il portiere dello stabile conosce problemi ricorrenti, dislocazione di punti critici, varie note utili. A volte è persona operosa che sa industriarsi anche in piccole riparazioni. Ma non va mai così bene.
Il portiere è comunque un utile default gateway verso un idraulico di zona, o comunque un idraulico che stia già facendo qualche lavoro nello stabile. Da questo momento in poi siamo usciti dall'ambito del freeware, per capirsi. Nessuna altra operazione avrà più impatto economico nullo.

Per localizzare e rimuovere l'infame grumo, arriva quindi un tecnico specializzato. Munito inizialmente di attrezzatura di base. Fa i suoi rilievi, le sue prove, inonda ripetutamente casa per individuare il punto esatto. Ma non è detto che ci riesca sempre e questo non per sminuirne la professionalità. Se le cose non sono a vista, non è sempre semplice capire dove sia il problema. Può starci. L'idraulico dopo un paio di ore di riflessioni e tentativi chiama il socio. Riprovano, riallagano, non possono non rompere un paio di mattonelle per approfondire. Ma può starci ancora che il problema non venga individuato. E lì, oltre al disagio economico/logistico, subentra anche un po' di sconforto, non lo nego.

Quando successe, lo scorso anno, i primi due idraulici dopo qualche ora convennero per l'inevitabilità della "Soluzione A": A è un terzo idraulico, di cui non è possibile avere i contatti perchè altrimenti i primi due non possono lucrare sull'intermediazione, che si presenta nel tardo pomeriggio atteso ormai come l'ultima alternativa allo sgancio dell'atomica nei tubi.
A indossa tenuta istituzionale, ma è munito di una attrezzatura di tutto rispetto. Centrale operativa portatile, che include una telecamerina immerdibile (ovvero: immergibile nella...). La telecamerina viene calata nello scarico ostruito per un paio di metri. Localizza il tappo che probabilmente ha una forma e una consistenza che lo rendono non agganciabile dalla sonda normale (vedi sopra, altrimenti lo facevi da solo). Ciò detto, A richiama la telecamerina e attacca una specie di maglio perforante di Goldrake sulla medesima centrale operativa. Lo riporta a livello. Spinge un pulsante. Finito. Il tappo viene (auspicabilmente) frantumato e comunque spinto via, con il semplice aiuto della forza di gravità (almeno quella è gratuita).

Ovviamente quello che mi lascia contrariato è che va remunerata non solo la "Soluzione A" che è effettivamente riuscita a risolvere, ma anche la catena di intermediari che ha lavorato tot ore senza arrivare alla soluzione e che ovviamente non rilascia mai il numero di telefono di A.

E ora siamo daccapo con un altro tubo ostruito, presumibilmente calcare e piccoli detriti, ma questo è a muro e richiederebbe una telecamera da microchirurgia :(

giovedì 3 giugno 2010

La gita in provincia (Ispa does London...)

Nell'ottobre 2007 ho assistito per la prima volta nella mia vita ad una partita NFL dal vivo. I peggiori Miami Dolphins di sempre contro i New York Giants, che di lì a poco avrebbero battuto i nostri simpatici rivali nel più grande upset footballistico dell'era moderna.
Vista la disparità di valori in campo, la sconfitta per 13-10 ci andò quasi bene. Pioggia, poca confidenza con il prato di Wembley, quindi per non saper nè leggere nè scrivere i Giants si limitarono a Jacobs left, Jacobs right, Jacobs up the middle, con il simpatico n.27 che trasportava con leggiadria i suoi 120 chili attraverso la nostra rimaneggiatissima difesa. In sostanza la partita fu praticamente un incidente di percorso di uno dei weekend più esilaranti che io ricordi...

Arrivo il sabato verso pranzo, atteso a Stansted dal gruppetto di amici Ispers già giunti in loco. Guidato telefonicamente in un ristorantino dove si pasteggia a quello che a tutta prima ricorda un po' il rognone di castrato alla griglia dell'Ulisse di Joyce, metto subito in chiaro quale sarà per quei due giorni e poco più il mio approccio verso i locali con un "Si ricordassero che questa era una provincia nostra", giusto per definire le distanze fra i Britanni e la prole dei Cesari.
Si arriva in treno in città, con l'idea dichiarata di passare per l'onesto alberghino dove avevamo prenotato le stanze, posare il bagaglio e uscire. Ma la strada dell'inferno è notoriamente lastricata di buone intenzioni, soprattutto se non hai chiarissime le intersezioni della metro di Londra e se non conosci per tempo quali segmenti siano chiusi per lavori. Fatto sta che il perfetto meccanismo organizzativo si inceppò un po' fra Aldgate e Aldgate East, e ripassando davanti all'attempata signora che in un primo tempo ci aveva fornito l'indicazione tenemmo tutti quanti un profilo bassissimo per evitare di essere perculati dalla simpatica nonnina.

La stanza d'albergo non era quello che si dice "spaziosa", ma per due nottate che sarebbero state spese in chiacchiere di football e altre amenità poteva anche andare. Ad evitare strane commistioni, il matrimoniale venne assegnato a due tizi con lo stesso nome di battesimo che tifavano per la stessa squadra.
Il pomeriggio e la serata passarono in totale allegria. Si parte dalla scoperta di un luogo detto Starbucks che avrebbe lasciato un segno indelebile nel mio fegato, una passeggiatona fra Piccadilly, Carnaby e zone limitrofe, ognuno intento a scoprire nuovi modi per intaccare la propria carta di credito. Regali per bimbi pagabili in comode rate, maglia di Peyton Manning che per il giro perverso dollaro euro sterlina costava di meno con lui dentro, varie ed eventuali.

Per l'ora di cena lasciamo una prenotazione ad un locale della catena TGIF (Thank God It's Friday) di lì a novanta minuti. Poco oltre, inoltrandoci nel centro di questa simpatica provincia romana, ci imbattiamo in un gruppino di loschi figuri che, non fosse altro per la mole, non passavano proprio inosservati... I veri esperti di football si intendono fra loro con uno sguardo... "Ragazzi, quello è Crowder?" "Cazzo dici, Crowder ha i dreadlocks". Corriamo comunque indietro dai tizi, presentandoci con la britannica uscita "Excuse me, Sir... But... Are you a Dolphin player?". Occorre notare che il gruppo si componeva di una specie di statua greca di due metri in maglioncino bianco, più tre o quattro tarchiotti del Mulino Bianco... Come verificammo dalla media guide, il fisico statuario era Anthony Alabi, riserva della riserva della riserva, che gentilissimo si fece le foto con noi. Mentre i tarchiotti probabilmente erano i titolari. "Fisionomisti come Stevie Wonder", osservò sagacemente qualcuno.

Il top della serata è comunque il nostro trionfale ingresso al TGIF, accolti da una gradevole camerierina che sentendoci parlare interviene amabilmente con "Oh! Italiani! I'm learning... MACCHECCAZZO!!!". Con la dovuta flemma le si fece notare "Excuse me, ma'am. It's not that polite". Smaterializzata anche la camerierina.
Il gameday andò via piovoso in una città preparata assolutamente a dovere. Eccellente l'organizzazione che ha permesso di ritirare i biglietti in loco praticamente senza attesa. Niente tailgate party per il meteo, una statua-robot di Jason Taylor alta sette metri un po' inquietante.

Già detto della partita, che mi lasciò comunque senza voce, anche per la beata libertà di poter pensare ad alta voce nei riguardi della decina di tizi che hanno passato tutto il tempo a fare la spola col bibitaro per le birre passandoci davanti.

Alla fine dell'agone ero sulle gradinate a fianco di M, che indossava il giaccone dei suoi Raiders, quando veniamo avvicinati da una specie di templare, che indossava la cotta metallica, aveva una spada di plastica, una età e un tasso di birra nel sangue rispettabili, la livrea bianca con la croce rossa e la scritta "Crusader Raider". Elargisce a M la sua business card. Noi notiamo che questo fa il "Crusader Raider" proprio come occupazione fissa, risatina e finisce lì. Si scende per ritrovarci col resto del gruppo e in una delle varie hall dello stadio di Wembley (spettacolare!) ritroviamo il crociato che è diventato una sorta di attrazione, come il centurione davanti al foro romano. Gente che fa la fila per fotografarsi col tizio. Mah. Lo vediamo abbracciato ad una bellissima ragazza che aveva però il brutto difetto di tifare per i Seahawks, come provava la maglia. Rivedendo M che indossava l'amato logo dei Raiders, il crociato butta letteralmente via la fanciulla, si avvicina a M ed estrae un drappo nero enorme, con il logo dei Raiders e la scritta Raider Nation. Esaltatissimo, si avvicina a M con cui ebbe il seguente immortale scambio:

Crociato: "C'mon my friend! Let's take a picture together! We are Raider Nation, ONE NATION!"
M : "ONE STATION!!!!" (allargando le braccia, volto incredulo per il tempo comico appena concretizzato...).
Nella foto M ovviamente è in lacrime per le risate, come tutti noi intorno :)

Nella discesa finale passammo davanti allo spogliatoio delle cheerleaders (taccio...), e ci fermammo a vedere e a fotografare i giocatori che uscivano dagli spogliatoi per salire sui bus.
Un weekend bellissimo, una occasione in più per spendere tempo fra noi malati di football e amici del niusgruppo. C'era anche il classico "convitato di pietra", come fa notare anche la scritta sul marciapiede della metro riportata nella foto :)