lunedì 17 maggio 2010

Nostalgia subbutea

Ogni tanto, passando per la mia (ex) stanza, mi ricapita sott'occhio qualcosa che mi ha tenuto compagnia nel tempo a vario titolo, che ha il suo piccolo pezzetto di storia, di vissuto. Una scatola del mitico Front Page Sports Football 96, con Barry Sanders in copertina, acquistato in un bellissimo negozio a Berlin-KuDamm. Qualche automobilina, qualche vecchio fumetto ingiallito di Charlie Brown. L'ultima fuga verso il passato non è stata casuale, devo ammetterlo. Ho cercato e ritrovato il mio tomo del Subbuteo. Quattro quaderni legati per le copertine con colla e scotch. Ogni tanto qualche pagina staccata, la carta inevitabilmente un po' giallina, lo scotch che non tiene più molto. Ma l'importante era il contenuto, quello che evocava a titolo di ricordi di un ex malato di calcio. Il subbuteo, "calcio in punta di dito", era un "presunto" gioco per due, nel senso che ognuno di noi prendeva molto sul personale la possibilità che la sua squadra perdesse contro quella di qualcun altro. Quindi facevi da solo generazioni di tornei dalla logistica un po' ardita (coppe del mondo in annate dispari...) pur di non andare in astinenza agonistica. Ma quello che c'era al contorno era veramente gustoso.


Il campo. Non arrivai alla generazione dell'Astroturf, avevo un normalissimo telo della confezione standard, con l'odiosa linea di tiro. Inchiodarlo ad una tavola con le puntine da disegno era un problema ai limiti della fisica. Le linee laterali disegnavano un inseguimento gibboso da una porta all'altra. Dovetti ripetere l'opera più volte prima di ottenere qualcosa che non sprofondasse nel ridicolo.


Scuole di pensiero sui portierini: me ne ricordo di due tipi... Una serie bellissima di portieri intenti in un plastico volo ma già piegati all'indietro, quindi pressochè inutili, ed una serie con un look improponibile, con visiera in fronte stile Zamora o Yascin, che però essendo dritti e con le braccia alte andavano da dio!

Dove effettivamente andava riconosciuta la superiorità dell'articolo era nel cataloghino delle squadre. Non ne ho più una copia, il negoziante non lo scuciva se non comperavi almeno due squadre insieme. Ma averlo era una festa. Un regolamento con qualche margine di ambiguità ma che si fissava sull'unico dogma del gioco "in punta di dito", che era una solenne scomunica per la "schicchera", sia nell'accezione plebea dell'utilizzo del pollice come leva, che nelle interpretazioni più subdole, dove usavi il campo come surrogato per far scattare l'ultima falange dell'indice per dare più potenza. Non si scherza nulla qui. E poi una serie di accessori spettacolari, alcuni coreografici e oggettivamente carini. I lampioni, gli spalti col pubblico. Altri che sono entrati nella fiera dell'inutile dell'immaginario di ogni subbuteista: vogliamo parlare dell'omino del fallo laterale e dell'omino del calcio d'angolo? Peraltro mai visti in nessun negozio, anche fornito bene.


L'arte vera era l'elenco delle squadre e delle divise. Circa quattrocento squadre, di tutti i continenti, di club, nazionali, qualche "throwback". Una festa di colori per ogni curiosità possibile. La terza divisa del Manchester United, verde.


Il mio concetto di Subbuteo si esauriva in due snodi fondamentali. Le squadre e il quaderno. Per le squadre mi ritenevo un privilegiato. Sapendo usare benino il pennello, riuscii a combinare qualcosa di gradevole. La "mia" Roma aveva sulle maglie qualcosa che poteva ricordare la leggendaria "Barilla". Pruzzo con i baffi, Bruno Conti coi capelli lunghi, e Falcao quasi biondo, come da prescrizioni iconografiche dell'epoca. Ma i due capolavori erano il Saint-Etienne, con una maglia verde con coppie di righine sottilissime, e i numeri delle maglie del Liverpool, con un outlining fatto davvero coscienziosamente.


E il quaderno. Decine di tornei, mondiali, europei, coppe, competizioni più improbabili in cui mescolavo squadre secondo i criteri più assurdi. Ma una onesta cura per la grafica, visto che sapevo usare il pennello, ma per i disegni ero veramente negato. Il top, forse, è la pagina di presentazione della finale di Spagna 82, riportati in figura, fra Scozia e Germania...


Valeva il fuorigioco e i giocatori rotti si riparavano chirurgicamente con la colla degli aerei, mi pare chiaro :)




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