lunedì 22 marzo 2010

Evoluzione professionale



Forse involuzione è più realistico. Non vuole essere una lamentela, sarebbe indelicato nei riguardi di chi è investito dal problema in maniera più drammatica. Magari è una semplice constatazione di come nel tempo mutino le condizioni e lateralmente può essere un invito a riflettere sulle distorsioni del sistema, lato sensu.

Ho passato la prima fase della mia esperienza professionale in contesti dinamici, a volte anche troppo, dove l'obiettivo davanti ad un problema era la risoluzione e non l'outsourcing.
A volte mi sono trovato sotto notevole pressione e questo può indurre una crescita, sia dal lato di "quello che so fare" che di "quello che so gestire".

Il contorno umano a questi scenari è sempre stato molto positivo. Dove esiste una dinamica di squadra lì sono a mio agio. La vetta irripetibile è il leggendario "villaggio di Asterix" dove ho passato periodi notevoli, gruppo di "teste pensanti" molto diverse, persone umanamente deliziose, professionalmente eccellenti e con un gusto per il tempo comico del tutto sopra media, con un capo degno di tale ciurma.

Ma mi preme qualche osservazione sull'evoluzione di quello che ci è richiesto di fare, il tutto senza mai citare il tipo specifico di lavoro, ma per una percezione che sia comprensibile all'esterno, senza scendere in tecnicismi. La descrizione più bella delle diverse fasi di specializzazione del nostro lavoro è quella fatta a Dallas dal grande prof. David Blank Edelman, nella lettura finale dello Usenix 2007, usando come paragone il lavoro nella ristorazione.

La fascia bassa è il McDonald: prodotto massificato, specifica dei requisiti interamente in mano al cliente ("Un cheeseburger, patatine e coca cola"), il parametro di soddisfazione è banale ("Burp! Sono pieno"), lo skill richiesto è pressochè inesistente, si infilano tot preparati nei dispositivi di preparazione, si aspetta un timer e si serve.
Poi c'è il ristorantino di un certo tipo, dove il cliente ordina, ma accetta il consiglio della casa, il preparato è più elaborato, la soddisfazione può essere qualcosa del tipo "Niente male, se capita ci torno".
Poi c'è il guru. Il cliente non ordina, the guru already knows.Il cibo si consuma in silenzio e ad occhi chiusi, centellinando con ogni papilla gustativa. Il livello di soddisfazione è rinchiuso nella frase "Life is wonderful!"
Senza esagerare in un senso nè nell'altro, ero nella fase del ristorantino e per qualche specializzazione di nicchia mi stavo avvicinando al guru.

Per qualche incastro, le cose sono cambiate. Facciamo conto che l'intero processo sia la guida di una automobile. Prima gestivo oneri e onori in proprio. Prima. Adesso... Siamo in prima. Bene, cambiamo marcia. Fermo là! Devi aprire un ticket agli "spingitori di frizione". Loro valuteranno precondizioni, postcondizioni, impatti, varie ed eventuali, e con i loro tempi ti diranno che l'operazione è stata eseguita (nel frattempo si resta in prima, senza se e senza ma). Ok, si può mettere la seconda? Sì, da parte dell'apposita struttura "mettitrice di seconda" e così avanti. Piano, molto molto piano.

Altro parallelismo efficace. Fossimo medici, ci si riconoscerebbe in una scuola professionale abituata a visitare il paziente, verificare, mettere a frutto la propria conoscenza, accollarsi oneri e onori di diagnosi e prognosi, applicare delle euristiche opportune, confrontarsi con altri e condividere un risultato potenzialmente utile. Adesso ogni patologia deve essere inquadrata in un protocollo collaudato. Se non è inquadrabile nel protocollo non se ne esce, non esiste la patologia. Il tutto con l'apporto dei fornitori, che mediamente il primo anno ti vendono una metastasi per venderti la chemio negli anni successivi, purtroppo.

Tutto qui. Non è facilissimo

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