martedì 9 ottobre 2012

Touch Football

Per evangelizzare le masse al giuoco della palla-lunga-un-piede, esistono utili varianti dello stesso che permettono di mantenerne i tratti essenziali senza la necessità del contatto fisico fra i giocatori.
Non sono dei surrogati, sono delle variazioni spesso anche usate dalle squadre vere per raffinare schemi e automatismi, cercando di minimizzare traumi e infortuni.

I due flavour più noti sono il touch e il flag.
Nel primo un giocatore con la palla in mano si intende placcato quando l'avversario riesce a toccarlo con una o due mani, ci si accorda prima. Più fedele alla realtà è il secondo, in cui il placcaggio si realizza togliendo all'avversario una flag fissata in vita con un velcro. Tutti e due servono per far apprezzare i rudimenti del gioco senza passare per Ray Lewis, a farla facile.

Da giovine, nel periodo iniziale dell'università, ero allegro partecipe delle imprese di un gruppo di debosciati  conosciuti in vacanza aperti a qualsiasi esperienza: uscite, vacanze, zingarate di ogni tipo... Nottate passate sul Risiko filosofando su tutto, improbabili trasferte irpine, goliardate varie ed eventuali.

Una parte del corredo del gruppo era costituita, per motivi lunghi da spiegare, dal pallone da football...
Per un fortunato incastro, infatti, non ero l'unico che si dilettasse con l'insidioso passatempo. Avevo la fortuna di avere la presenza di A, ufficialmente linebacker ma secondo me tight end inespresso. E vista la mole di risate che spostavamo ogni volta, ogni tanto ci stava pure che si riuscissero a coinvolgere gli altri in qualche oretta passata a lanciare in un parco.

Una domenica estiva, ci si trova ad essere in una decina di persone, fra noi e aggregati. In quel di Villa Pamphilj, leggiadro polmone verde nella capitale. Come da planimetria ufficiale presa da sito uebbe, quel parco stupendo ha anche un piccolo lago con un corso d'acqua di poche centinaia di metri che attraversa una parte della villa. Una freccia gialla messa sulla cartina può aiutare a orientarsi per il dopo.

Villa Doria Pamphilj, Planimetria con freccia gialla.


Per coincidenza, quella mattina eravamo sprovvisti di pallone isferico, ma non di pallone da football, vedi i casi della vita. Proponiamo un 5 vs 5 a touch. Per tenere la cosa alla portata di tutti, si fa solo coi lanci, e con traiettorie dei ricevitori elementari: elle interna, elle esterna, hook, post, fly. Giusto per.

Uno dei primus inter pares quel giorno per contorti motivi suoi aveva una calzatura che i meno attenti potrebbero definire non adatta all'attività sportiva. Basti la foto sotto...

Ho visto cose che voi umani...
Va detto che, da calciatore di serie imprecisatamente minori, aveva un cambio di passo che vicino a noi pareva Bolt. Ma Bolt andrebbe dritto, soprattutto con quel tipo di calzatura. Giocando a football ci sta che ogni tanto devi cambiare direzione, tagliare, frenare...

La partita procede accaldata. L'unico pezzo da highlights fino a quel momento era una buona ricezione di C, che stava per fare un frontale con il sottoscritto (a cui deve almeno una ventina di chili di differenza...). Riesco a inchiodare per tempo (non avevo quel tipo di scarpe, ovvio), ad alzarlo da terra e a dargli un bacio in fronte. Tuttora lui dice ai suoi figli che loro esistono perchè io quel giorno riuscii a frenare...

Arriva poi il mio turno in attacco. Una buona serie offensiva, e arriviamo vicino all'area di meta degli avversari, situata nelle vicinanze della freccia gialla. Il climax sale, dobbiamo rimontare. Chiamo i miei schemi, e il mio ricevitore stivalomunito mi fa notare che in coincidenza della sua traiettoria c'è il fiumiciattolo. Cambio al volo lo schema, dicendogli "Non fare dieci passi, fanne sette". Continua a guardarmi perplesso, ma da un certo momento in poi la chiamata del quarterback è cassazione. Ci si perdono le partite per errori di miscommunication, che diamine. Mi guarda, prima della partenza, con aria perplessa. Con fare da veterano navigato, lo conforto pur lasciandolo nel dubbio.

L'azione parte. Al momento del taglio, come mi aspettavo, lascia sul posto il suo marcatore. Lo vedo che si libera, ma qualcosa non torna. Avevo detto sette, non dieci passi. In un eterno slow motion, si vede il mio lancio (calibrato col contagiri per esattamente sette passi) che cade ingloriosamente a terra, si percepisce uno  strano rumorino di sciabordio coperto da un "MAPPORC...." e un inequivocabile splash nelle acque non proprio cristalline del rivoletto...

Tutti quanti distesi a terra in lacrime, tranne il sottoscritto che, tassonomico fino in fondo, voleva spiegare che il lancio era al posto giusto... Ma non feci in tempo. Vedere il mio amico letteralmente nella merda fino alle ginocchia che mi guarda e dice "Stronzo! Hai visto che c'avevo ragione io?" è stato troppo.

Lesson learned: anche il touch football non è completamente privo di rischi...


Nessun commento:

Posta un commento