martedì 30 marzo 2010

Eroi controvoglia

In qualche momento della nostra vita, volenti o nolenti, dobbiamo fermarci a riflettere davanti ad una edizione straordinaria di un notiziario.
Il 23 maggio 1992 Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta saltavano in aria in un tratto d'autostrada imbottito di tritolo per l'occasione. Quasi due mesi dopo, Paolo Borsellino ed altri innocenti.

Nella mia memoria questo è uno dei periodi scolpiti in modo indelebile, come pure il sequestro di Aldo Moro. Storie che definiscono un paese, volendo essere duri. Forse sono i fatti più gravi e di maggiore impatto nella vita della repubblica italiana nel dopoguerra.

Figure quali Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono esempi suggestivi di eroi loro malgrado.

Uomini veri, svincolati da logiche di potere e di partito. Persone intelligenti e oneste, che credevano in quello che facevano, che non hanno mai nascosto umanità e debolezze. Loro vivi, tentarono ogni bassezza per screditarli, per farli passare da protagonisti o peggio da carrieristi, anche con l'improvvido aiuto di una bella mente come Sciascia, schierata purtroppo dalla parte sbagliata.

Falcone e Borsellino sono stati la punta di quell'iceberg che va conosciuto in profondità, per capire che molto spesso le opportunità che abbiamo dipendono anche da dove siamo nati, e che questo non è giusto. La lotta alla mafia, nel tempo, è stata condotta da semplici cittadini che hanno accettato l'esclusione da un dato tessuto sociale per testimoniare contro un omicidio, da agenti di polizia che hanno perduto la vita in servizio di scorta per una miseria, da singoli poliziotti, penso a Beppe Montana e a Ninni Cassarà, che hanno accettato l'innalzamento del livello dello scontro e hanno pagato con la vita, di persone perbene all'apice di una carriera, come Carlo Alberto dalla Chiesa, che invece di godersi la pensione decise ancora una volta che aveva un dovere da compiere e venne trucidato tre mesi dopo avere assunto la carica di prefetto di Palermo, di onesti imprenditori come Libero Grassi che pagò con la vita la denuncia ad alta voce e la disubbidienza alle estorsioni, e di tanti giudici e magistrati, appunto come Falcone e Borsellino, come Rocco Chinnici, come Gaetano Costa, Rosario Livatino, Cesare Terranova e via in un lungo elenco di nomi, quasi asciutta contabilità.
Pochi politici onesti quali Pio La Torre e Piersanti Mattarella, in un panorama in cui connivenze, complicità, cointeressenze, contiguità erano semplici strumenti di mantenimento di un potere parafeudale. In una lotta senza esclusione di colpi fra ideali e potere i politici sono sempre dalla parte del potere. Sempre.

Quando nel 2008 vidi un servizio di telegiornale sui quindici anni dalla strage di Capaci notai che il cronista sbagliò il nome di uno degli agenti della scorta e riportò male la citazione di una frase di Giovanni Falcone. Si chiama normalizzazione, ed è una metastasi lenta che tende a cancellare le pulsioni più belle che abbiamo. Cerchiamo di non farci normalizzare mai, perchè in quel momento saremo meno di quello che abbiamo diritto di essere, cose che non hanno più la loro individualità. Forse in quel momento ci vergogneremo di vestrici diversamente dagli altri, o di far notare il nostro pensiero quando non la pensiamo come chi è più potente di noi.



"Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande"
(Giovanni Falcone)

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