giovedì 3 giugno 2010

La gita in provincia (Ispa does London...)

Nell'ottobre 2007 ho assistito per la prima volta nella mia vita ad una partita NFL dal vivo. I peggiori Miami Dolphins di sempre contro i New York Giants, che di lì a poco avrebbero battuto i nostri simpatici rivali nel più grande upset footballistico dell'era moderna.
Vista la disparità di valori in campo, la sconfitta per 13-10 ci andò quasi bene. Pioggia, poca confidenza con il prato di Wembley, quindi per non saper nè leggere nè scrivere i Giants si limitarono a Jacobs left, Jacobs right, Jacobs up the middle, con il simpatico n.27 che trasportava con leggiadria i suoi 120 chili attraverso la nostra rimaneggiatissima difesa. In sostanza la partita fu praticamente un incidente di percorso di uno dei weekend più esilaranti che io ricordi...

Arrivo il sabato verso pranzo, atteso a Stansted dal gruppetto di amici Ispers già giunti in loco. Guidato telefonicamente in un ristorantino dove si pasteggia a quello che a tutta prima ricorda un po' il rognone di castrato alla griglia dell'Ulisse di Joyce, metto subito in chiaro quale sarà per quei due giorni e poco più il mio approccio verso i locali con un "Si ricordassero che questa era una provincia nostra", giusto per definire le distanze fra i Britanni e la prole dei Cesari.
Si arriva in treno in città, con l'idea dichiarata di passare per l'onesto alberghino dove avevamo prenotato le stanze, posare il bagaglio e uscire. Ma la strada dell'inferno è notoriamente lastricata di buone intenzioni, soprattutto se non hai chiarissime le intersezioni della metro di Londra e se non conosci per tempo quali segmenti siano chiusi per lavori. Fatto sta che il perfetto meccanismo organizzativo si inceppò un po' fra Aldgate e Aldgate East, e ripassando davanti all'attempata signora che in un primo tempo ci aveva fornito l'indicazione tenemmo tutti quanti un profilo bassissimo per evitare di essere perculati dalla simpatica nonnina.

La stanza d'albergo non era quello che si dice "spaziosa", ma per due nottate che sarebbero state spese in chiacchiere di football e altre amenità poteva anche andare. Ad evitare strane commistioni, il matrimoniale venne assegnato a due tizi con lo stesso nome di battesimo che tifavano per la stessa squadra.
Il pomeriggio e la serata passarono in totale allegria. Si parte dalla scoperta di un luogo detto Starbucks che avrebbe lasciato un segno indelebile nel mio fegato, una passeggiatona fra Piccadilly, Carnaby e zone limitrofe, ognuno intento a scoprire nuovi modi per intaccare la propria carta di credito. Regali per bimbi pagabili in comode rate, maglia di Peyton Manning che per il giro perverso dollaro euro sterlina costava di meno con lui dentro, varie ed eventuali.

Per l'ora di cena lasciamo una prenotazione ad un locale della catena TGIF (Thank God It's Friday) di lì a novanta minuti. Poco oltre, inoltrandoci nel centro di questa simpatica provincia romana, ci imbattiamo in un gruppino di loschi figuri che, non fosse altro per la mole, non passavano proprio inosservati... I veri esperti di football si intendono fra loro con uno sguardo... "Ragazzi, quello è Crowder?" "Cazzo dici, Crowder ha i dreadlocks". Corriamo comunque indietro dai tizi, presentandoci con la britannica uscita "Excuse me, Sir... But... Are you a Dolphin player?". Occorre notare che il gruppo si componeva di una specie di statua greca di due metri in maglioncino bianco, più tre o quattro tarchiotti del Mulino Bianco... Come verificammo dalla media guide, il fisico statuario era Anthony Alabi, riserva della riserva della riserva, che gentilissimo si fece le foto con noi. Mentre i tarchiotti probabilmente erano i titolari. "Fisionomisti come Stevie Wonder", osservò sagacemente qualcuno.

Il top della serata è comunque il nostro trionfale ingresso al TGIF, accolti da una gradevole camerierina che sentendoci parlare interviene amabilmente con "Oh! Italiani! I'm learning... MACCHECCAZZO!!!". Con la dovuta flemma le si fece notare "Excuse me, ma'am. It's not that polite". Smaterializzata anche la camerierina.
Il gameday andò via piovoso in una città preparata assolutamente a dovere. Eccellente l'organizzazione che ha permesso di ritirare i biglietti in loco praticamente senza attesa. Niente tailgate party per il meteo, una statua-robot di Jason Taylor alta sette metri un po' inquietante.

Già detto della partita, che mi lasciò comunque senza voce, anche per la beata libertà di poter pensare ad alta voce nei riguardi della decina di tizi che hanno passato tutto il tempo a fare la spola col bibitaro per le birre passandoci davanti.

Alla fine dell'agone ero sulle gradinate a fianco di M, che indossava il giaccone dei suoi Raiders, quando veniamo avvicinati da una specie di templare, che indossava la cotta metallica, aveva una spada di plastica, una età e un tasso di birra nel sangue rispettabili, la livrea bianca con la croce rossa e la scritta "Crusader Raider". Elargisce a M la sua business card. Noi notiamo che questo fa il "Crusader Raider" proprio come occupazione fissa, risatina e finisce lì. Si scende per ritrovarci col resto del gruppo e in una delle varie hall dello stadio di Wembley (spettacolare!) ritroviamo il crociato che è diventato una sorta di attrazione, come il centurione davanti al foro romano. Gente che fa la fila per fotografarsi col tizio. Mah. Lo vediamo abbracciato ad una bellissima ragazza che aveva però il brutto difetto di tifare per i Seahawks, come provava la maglia. Rivedendo M che indossava l'amato logo dei Raiders, il crociato butta letteralmente via la fanciulla, si avvicina a M ed estrae un drappo nero enorme, con il logo dei Raiders e la scritta Raider Nation. Esaltatissimo, si avvicina a M con cui ebbe il seguente immortale scambio:

Crociato: "C'mon my friend! Let's take a picture together! We are Raider Nation, ONE NATION!"
M : "ONE STATION!!!!" (allargando le braccia, volto incredulo per il tempo comico appena concretizzato...).
Nella foto M ovviamente è in lacrime per le risate, come tutti noi intorno :)

Nella discesa finale passammo davanti allo spogliatoio delle cheerleaders (taccio...), e ci fermammo a vedere e a fotografare i giocatori che uscivano dagli spogliatoi per salire sui bus.
Un weekend bellissimo, una occasione in più per spendere tempo fra noi malati di football e amici del niusgruppo. C'era anche il classico "convitato di pietra", come fa notare anche la scritta sul marciapiede della metro riportata nella foto :)


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