giovedì 30 giugno 2011

Personaggi notevoli

Lucio Fontana, Attese
Nella variopinta galleria di colleghi con cui ho avuto modo di interagire nella mia vita lavorativa  un posto del tutto particolare spetta ad una risorsa esterna, termine che non mi piace nemmeno un po', che ci tenne compagnia solo per un paio di mesi.

Indimenticabili.

In generale il processo seguito prima di inserire nel gruppo un esterno era abbastanza robusto. Un board di tre persone colloquiava il tipo, riferiva al responsabile senza ovviamente parlarsi prima. Se i pareri convergevano e se non c'erano problemi di natura commerciale, la persona veniva inserita nel gruppo.

Quindi almeno due o tre del gruppo dovrebbero essere ringraziati nemmeno poco per il numero di aneddoti che il collega, peraltro professionalmente valido, riuscì a regalarci in quel periodo.

Persona simpatica, per carità.
Un po' troppo estroversa, ad onor del vero.
Con una drammatica inclinazione al thinking out loud, ad onor del vero.

Calato in un gruppo propenso di suo alle goliardate anche nei momenti più estremi, il nostro produsse uscite rimaste epiche.

Già dal primo giorno qualcosa non torna. Mentre connette il notebook alla rete, resta steso a terra per diversi minuti. Ora, lì ovviamente le pulizie vengono fatte, ma la pelle di leone non è proprio una postura da ufficio. Tant'è che un collega che passa a fianco butta uno sguardo a terra perplesso e commenta con un "Ma che è morto?". E passi...

Qualche giorno dopo raccogliamo lo sguardo perso e il racconto di M, che sintetizzava "Io gli stavo spiegando quella cosa, lui mi guardava tranquillo e aveva la sua chiavetta USB infilata nel naso... Gli dico... Ma perchè la tieni lì? Mi risponde tutto allegro... Perchè almeno me ricordo dove l'ho messa!".
Uno di noi commentò "Quindi se scodinzola ci dobbiamo preoccupare". Ineccepibile.

Qualche altra perla veniva elargita nei momenti più strani... Rispondeva facendo il verso alla voce preregistrata dell'ascensore, dando motivazioni non troppo ripetibili al tono della signorina, secondo lui un po' troppo isterico. E vabbè.

Ancora, ero alla mia postazione e lavoravo con una consulente decisamente bellina... Lui si pianta nel corridoio centrale dell'open space, lanciando occhiate inequivocabili nella direzione della ragazza che grazie al cielo non dava l'aria di accorgersene. Dopo un buon minuto di "fermo immagine", con un tono stentoreo se ne esce con... "Aoh, lo sai che nova c'è???". Non ho nemmeno voluto sentire quello che ha detto dopo, ero già passato al taglio delle vene.

So di dimenticarne parecchie, onestamente, ma il main event fu un normalissimo pranzo alla mensa aziendale in cui riuscì a condensare il suo pensiero in una serie di pillole non da poco.
Premetto... Sotto la voce "normalissimo pranzo" di quel periodo si può tranquillamente immaginare una sorta di matrimonio da sceneggiata, con tre o quattro tavoli uniti insieme di persone che ridono, scherzano, fanno casino. Davvero mancava solo Mario Merola che cantava "Zappatore", all'epoca.

Insomma, tavolata da una ventina di persone. Senza neppure bisogno di una addizionale etilica, andò a soggetto rispondendo più o meno ad ogni spunto di conversazione messo lì dai colleghi.... Temo di non ricordare tutto, perchè ridevo alle lacrime...

Cinema: "Ah sì? Te piaciono i firm de Fellini? Contento te... Sti nani, ste ballerine, st'introspezione... Ma che cazzo me rappresenta!!!"

Arte: "Ma perchè, te Fontana me la chiami arte? Na tela, na secchiata de vernice, du taji... Sedici mijoni de euro, mavvaffanculo va..."

Taccio sulla parte religiosa, perchè per aver detto anche meno rispetto all'allora pontefice massimo, un noto leader leghista s'è ritrovato messo maluccio. Ma in questo caso un collega aveva surrettiziamente diffuso la notizia che io fossi "uno de chiesa", detta facile, e quindi il tipo mi guardava con aria ammiccante, come se non volesse mancare di rispetto alle mie idee... Io ero completamente indifeso, lacrime agli occhi per le risate, nemmeno riuscivo a rispondere.

Ottima la sintesi del capo, alle lacrime anche lui, che commentò con un "Posseduto da Mario Brega!" che resta la migliore descrizione di quella giornata surreale.

Il tipo ci lascò per altri lidi lavorativi. L'ho visto un paio di volte alla tele, dove viene interpellato come esperto di open source.

Qualifica che mi strappa un ovvio "Pensa gli altri..."



lunedì 27 giugno 2011

Sport Science

Sport Science è un delizioso riempitivo che va in onda su Espn America durante intervalli, pause, timeout di vari eventi sportivi. 

Per passione, seguo solo quelli che vengono piazzati nelle innumerevoli pause delle partite di football e quindi sono a tema

Ogni singolo stacchetto è una specie di pillola di Super Quark in cui si racconta che cosa succede a livello fisico quando un giocatore professionista corre, lancia, riceve, blocca o placca. Il tutto magari fornendo un riscontro sul "che cosa vuol dire davvero" cercare di fermare Brandon Jacobs lanciato, essere colpito da Dwight Freeney o da Ray Lewis, capire che cosa significa la parola concentrazione per Larry Fitzgerald oppure dare la definizione di throwing accuracy per Drew Brees.

In generale l'approccio seguito in quei sette o otto minuti di trasmissione è quello di informare divertendo: togliere poco all'immediatezza dei gesti atletici ma contemporaneamente dare una idea di quanto accade. 
Ciò avviene imbottendo il giocatore che farà la demo di ogni genere di sensori e microcamere collegati a postazioni che convertiranno in unità di misura opportune le rilevazioni.

Qualche considerazione.

Da sportivo non si può che restare ammirati, quasi impressionati da quanto si vede. 

Dwight Freeney che spiega la sua spin move fa spavento. Pesa 270 libbre e fa una rotazione su se stesso in tre decimi di secondo per poi impiegare al massimo un altro secondo per correre per altre sette yards (poco meno di sette metri) fino al quarterback avversario, raggiunto con una velocità pari al 70% del massimo. Lo stuntman che subisce il placcaggio viene letteralmente estratto dalle scarpe.
Larry Fitzgerald viene appeso a testa in giù e riceve lanci tirati in vario modo, non tutti "fra i numeri", anche con una sola mano e un'aria vagamente annoiata. Il suo tempo di reazione cronometrato è all'incirca la metà rispetto alle medie dei commoners.
Ndamukong Suh parte come un centometrista e pesa qualcosa in più. E gli effetti del placcaggio sono di conseguenza.

La puntata più inquietante dal punto di vista delle skill individuali è quella in cui il grande Drew Brees centra consecutivamente dieci volte un bersaglio da tiro con l'arco ad una distanza di 20 metri. L'accuracy di un arciere di livello olimpionico in quel caso si attesta intorno al 20% se va di lusso. Brees fa dieci centri consecutivi, mettendo la punta del pallone in un'area chiusa in un cerchio di meno di dieci centimetri di diametro. Il movimento di lancio, per gli appassionati, è di una purezza quasi commovente. Il pallone ha uno spin perfetto, segue la linea senza oscillare in punta, pare levitare in aria. Ok, stiamo parlando di Drew Brees. E un pallone da football sente il vento meno di una freccia.
Ma va vista, punto e basta.

E un applauso al coraggio di John Brenkus, il Piero Angela della situazione, che resta fermo mentre Brandon Jacobs lo colpisce praticamente a piena velocità (ahem...non ci giurerei).
Che cosa non si fa per uno stipendio!

mercoledì 8 giugno 2011

Ibam forte via Sacra...

Via Sacra, dando le spalle all'arco di Tito...
L'autore più divertente che mi è capitato di tradurre durante il liceo è stato senza dubbio Orazio.

Quando dico divertente, intendo proprio dire che la traduzione non era una sfida alla comprensione (come potevano essere Cicerone o Seneca) nè alla noia (Senofonte piuttosto che Cesare o altri specialisti del soggetto-verbo-complemento). 

Scorreva bene, in generale l'argomento era in linea col personaggio. Orazio aveva una visione molto semplice: quando è possibile, scherziamoci sopra. Nel bignamismo tipico degli studenti questo grande viene liquidato con la sbrigativa associazione "Ah sì, quello del carpe diem". 

Orazio merita di essere apprezzato anche fuori dalla scuola, secondo me.

Una lettura chiave per la comprensione della sua notevole cifra ironica è la Satira IX. Andrebbe recitata da Gigi Proietti (mani avanti: nella mia robusta ignoranza ci sta che lo abbia fatto...).
E' quasi uno sketch.
Lui si fa la sua abituale passeggiata per la via Sacra di buon mattino, gli si attacca alle costole un tirapiedi (ho frenato in tempo) che avendolo riconosciuto vuole usarlo come gancio per essere ammesso nel gruppo di letterati assistiti da Mecenate (non ce la faccio a scrivere nella scuderia).
E non lo molla, nonostante lui stesso tenti di disfarsene anche in maniera abbastanza diretta, con uno stile del tipo "Ma che già vattene?". Questo millanta abilità quasi da circo, altro che quei due sfigati di Visco e Vario, buoni per andare a fare i tronisti. E poi non si sgancia, maledizione. 

Geniale è il passaggio dell'amico incontrato per caso che capita la penosa situazione lo molla lì nelle mani dello scocciatore, che prende pure a intralciargli il passo. La salvezza arriva da uno sconosciuto che proprio quel mattino aveva trascinato il poetastro in tribunale.
A quel punto Orazio accetta come una liberazione la proposta di porre l'orecchio in quella causa. Con buona pace dello scocciatore, presumerei.

Sic me servavit Apollo. Così mi salvò Apollo.

Lo scenario di questo scritto è una delle passeggiate più famose di Roma. La via Sacra parte dall'arco di Costantino ed entra nel Foro, verso l'arco di Tito. Sia in salita che in discesa regala spettacoli imperdibili. Come spiegavo anche ai miei bimbi, dovremmo cominciare a far pace col concetto che abitiamo nella città più bella del mondo e che forse un po' di cose, di tanto in tanto, sono anche piacevoli da visitare.

Tutto questo in una mattinata di sole, in mezzo a un fiume di turisti e a un centurione intento a chiacchierare con l'iPhone...


mercoledì 1 giugno 2011

My first car

Nostalgia chinaglia!
La mia primissima scatola mobile l'ho avuta nel 1988, qualche mesetto prima della maturità. Una Dyane 6 cavalli, modello del 1978 che rimpiazzò la ancora più celebre modello "2 CV". Come quella in foto, anche la mia era di un bel verde cassonetto chiaro. Un sacco di persone che conosco hanno affibbiato alla loro auto soprannomi, vezzeggiativi, melensaggini di vario tipo. Per il colore e le caratteristiche, colsi al volo l'ispirazione da un personaggio televisivo dell'epoca e ribattezzai la macchinina con l'inequivoco nome di Scrondo

Lo Scrondo ovviamente era una utilitaria senza pretese, ma a suo modo era spaziosa e poi era divertentissima da guidare, una vera e propria palestra. Intanto anche la fila di sedili anteriori era a divanetto, non c'era lo spazio nel mezzo. Questo per due eccellenti accorgimenti tecnici: il pomello del cambio non usciva dal tunnel della trasmissione ma direttamente dal cruscotto, e il freno a mano era una specie di maleppeggio tronco ad una delle sue estremità che era a fianco al volante. E ogni volta che mettevi la freccia dovevi riaccompagnarla tu, perchè nemmeno sul modello lusso era presente la molla di ritorno!

La guida... da esperienze paranormali. Il cambio aveva la prima in basso. Cioè... Non in basso, dovevo tirare verso di me. Quindi marce dispari in basso e marce pari in alto. Impostazione tipicamente corsaiola, come avevano le Porsche e le vecchie Alfa. Il che, su una macchina che superava i cento solo in condizione di caduta libera nel vuoto, fa riflettere. Per essere stabile era stabile. Aveva una andatura un po' dinoccolata e un molleggio irreale e dava l'aria di cappottarsi anche in parcheggio ogni volta. Però bastava controbilanciare la curva e non la scollavi. In sostanza, ogni volta che sterzavi era proprio come fare una curva a spazzaneve sugli sci... Sterzi a destra, peso a sinistra e viceversa.

E che spettacolo la cappottina in tela che si poteva aprire per avere la sensazione di aria nei capelli (che all'epoca c'erano, peraltro). Utilissimo anche per ottimizzare i tempi in caso di emergenza. Una volta restammo imbottigliati nel traffico mentre andavamo agli allenamenti e L in pieno Muro Torto aprì il tettuccio e infilò in piedi paracostole e spalliere. Quando qualche gentiluomo mi usò la cortesia di tagliarlo per tentare di rubare l'auto, lo riparai con un bella toppa di stoffa di ombrello con una leccata di silicone (che per un po' tenne pure!).

Il momento di gloria, però, venne in un bel pomeriggio d'estate, dalle parti di casa mia. Lungo vialone deserto, mi accodo pudicamente ad una Ferrari Testarossa che procedeva ad una irritante andatura di crociera di circa 30 orari. Se cerchi parcheggio, usa l'apposito segnalatore, o fortunato possessore di un deretano seduto su quel mostro... Gnente, questo continuava e io ero solo un diciannovenne perplesso dai casi della vita. A fianco a me A mi guarda fisso e mi dice "Se sei un uomo lo fai!". Dato che non resisto a nessuna provocazione, metto disciplinatamente la freccia a sinistra come ogni neopatentato scrupoloso dovrebbe fare, e addirittura in terza supero quella specie di astronave. A mi fa accostare, scende e comanda un applauso al gruppetto di macchine che si erano accodate! Bastasu e Cainu!

E la cosa bella erano le spese di manutenzione. Una volta guidai per una decina di chilometri in città completamente senza freni (che erano a tamburo, dico solo questo). Frenando di cambio e un paio di volte anche col maleppeggio, riuscii a ritornare a casa senza problemi. Il giorno dopo vado dal meccanico, che mi dice di passare nel pomeriggio. 
"Di che si trattava?" 
"Era un pistoncino interno che s'era rotto e il pedale andava a vuoto"
"Quanto devo?"
"Ma te posso chiede quindicimila lire?"

Cavolo, macchine così non le fanno più!!!