venerdì 11 marzo 2011

Righe sparse

Riflessioni poco strutturate dopo un giro per il centro in autobus, per andare ad un bel seminario tecnico cui ho assistito solo per metà.

- Quando un bus con la scritta "Deposito" rimette il suo numero perchè vede la fermata piena di gente mi piace. Forse semplicemente deve farlo

- Musica in cuffia. 'Sta playlist più invecchia e più mi piace. Se non fosse per la tizia accanto che litiga al telefono non so con chi non so per cosa. 

- Via Viterbo. Un pezzo di strada minuscolo dietro piazza Fiume che ha un multisala piccolino dove tempo fa abbiamo visto Cous Cous. Di una tristezza cosmica. E a fianco un negozio di giocattoli che ha un mare di anni, ancora non fagocitato dai grandi network franchiggiatori di tutto. Ci prendevo le squadre del Subbuteo!

- Via Boncompagni. Il baretto dietro al liceo dove decidevamo se entrare o bigiare non c'è più. Agenzia di Banca tot. Fastidio. 

- Via Boncompagni, again. Libreria piccolina fornita di tutto tranne di testi scolastici nonostante la presenza di due licei, due medie e una elementare nell'arco di tre isolati. Non c'è più. C'è la solita maledetta agenzia immobiliare, gateway verso l'indebitamento cronico più assurdamente osannato del nostro tempo. Fastidio, e due.

- Via Puglie. Due buchetti adiacenti: il primo era un posticino minuscolo che faceva solo pizzette tonde bianche e al pomodoro. Duecento e quattrocento lire, rispettivamente. Ma buone: il secondo era un modellista anche ben fornito dove intavolavo solenni guerre di religione sulla qualità di una marca o dell'altra, ma che mi fece uno sconto considerevole per le mie finanze di quindicenne quando acquistai un pennello di martora n.3, il coltellino svizzero dei modellisti. Spariti tutti e due. Altra Agenzia di Banca. Fastidio, tre e quattro. 

- A piedi, ora, verso piazza della Repubblica. Via XX Settembre. Viavai impiegatizio. Alberi stracarichi di mandarini improbabili, cresciuti a scarichi di automobili ferme ai semafori. Ma tanti, vistosi, colorati. Fossero finti? Ma posso fare la figura di quello che fa il saltino polemico per verificare? Camminiamo, va.

- Via Parigi. Il negozio di giochi dei miei sogni. Era un negozio grandissimo, distribuito su due livelli. Mi piaceva, qualche volta ci ero passato in infanzia coi nonni, sempre in periodo natalizio, sempre uscendo con un regalino. Agenzia di viaggi. Fastidio definitivo.

- Seminario interessante. Ci sarà un motivo per cui questi sono world leader di qualsiasi cosa mettano nel mirino. Il "come lo fanno" non mi trova propriamente d'accordo, ma non credo che esista al mondo una impresa una che in questo momento si curi delle casualties che lascia sul cammino verso la meta. Rinfreschino buono. In compagnia di un ex collega e di un amico indissolubile.

- Interruptus dopo il coffee break che ho impegni diversi. Mi chiama P, che pensavo di vedere al seminario... "Ma che era oggi?". Un mito. Autobus di ritorno. Capolinea in stazione. Quasi scientemente prendo quello che fa il giro più lungo.

- Roma senza traffico rischia di essere la città più bella del mondo, con tutto che il giro del ritorno non prevede zone turistiche.

- Scendo. Vado verso il punto dove ho parcheggiato Doc. Stradina sulla mia destra, del tutto anonima, senza traffico di auto nè passanti. Un signore un po' avanti con gli anni con la fisarmonica a tracollo che suona (bene!) La vie en rose con una amplificazione quasi da stadio, talmente anomalo in quel posto a quell'ora da essere veramente gradevole, alla fine.

- C'è un bel sole, ci saranno cinque o sei gradi. In certi giorni non mi va veramente di fare nulla.

mercoledì 2 marzo 2011

Hotel Rwanda

Almeno come anomalia statistica, ogni tanto sulle televisioni generaliste passa ancora qualche film che vale la pena vedere. E rispettare.

Hotel Rwanda è stato girato nel 2004. Racconta degli avvenimenti avvenuti in quella regione dieci anni prima. Un minimo di descrizione del contesto può essere utile.

Il Rwanda è uno stato centroafricano piccolino, stretto fra la Rep. democratica del Congo, l'Uganda e la Tanzania. Ex colonia belga. Nel tempo invalse una divisione del tutto arbitraria della popolazione locale secondo due etnie che non esistevano se non sulla carta: Hutu e Tutsi. La divisione, odiosamente, si basava su dati somatici: i Tutsi erano una minoranza "aristocratica", carnagione un po' più chiara, tratti del viso leggeri, quasi nilotici. Gli Hutu erano dichiaratamente africani, bantù, con le narici del naso più larghe e via discriminando. I Tutsi, minoritari, divennero lentamente una elite (è più comodo che ordine e potere non siano in mano a maggioranze, di solito...).

Piccola proprietà, un minimo di benessere, quasi una idea di  middle class per i Tutsi, il lavoro dei campi e la schiavitù per gli Hutu. Nel 1994, fra aprile e luglio, gli Hutu insorsero contro i Tutsi e contro gli stessi Hutu più "morbidi". Le operazioni di pulizia etnica non furono fermate se non quando era troppo tardi e quello che era successo non sarebbe mai più stato dimenticato da nessuno. Prima che una controffensiva Tutsi ponesse nei fatti fine alla guerra intestina, circa un milione di persone vennero uccise indiscriminatamente e nei modi più atroci (non si avrà mai una stima esatta: ma la cifra è tra le ottocentomila e il milione di vite spezzate). Fatti a pezzi con il machete, stupri di massa, omicidi indistinti. Nessuna eccezione per donne e bambini. Con una ferocia che si fatica a capire anche calandosi, con  un po' di buona volontà, in quel contesto.

Il ricco occidente in quella fase lì era assente. Un contingente ONU risibile, peraltro con regole di ingaggio del tutto inadeguate. Un comandante vero, però, che cercava in tutti i modi di aiutare, proteggere, capire. E che dopo un po' di tempo si è tolto la vita. I soliti impagabili volontari delle organizzazioni non governative e della croce rossa che cercavano di alzare la soglia di attenzione di un mondo per cui il milione di morti del Rwanda avrà al massimo provocato la curiosità di capire di che cavolo di posto si stesse parlando. Quello che mi ricordo è che i telegiornali italiani dei primi giorni di maggio 1994 raccontavano solamente della tragica morte di Ayrton Senna. Sul Rwanda forse qualche nota, quasi fosse un "mari localmente mossi" del meteo.

Il film, magnifico e straziante, è la storia vera di Paul Rusesabagina, rwandese Hutu direttore dell'Hotel Des Mille Collines, intelligente conoscitore di gusti e raffinatezze da turisti, più o meno amico di tutti, dal capo della piccola guarnigione ONU al trafficante contrabbandiere Hutu che può rifornirlo di alcolici, sigari e generi di lusso. Paul è un Hutu con moglie Tutsi, lui non ha mai risentito troppo della distinzione fino a che non si è trovato immerso nell'orrore delle carneficine praticamente quotidiane. Lui non ci si raccapezza, i suoi dipendenti sono Hutu e Tutsi, è sempre stato in armonia. Deve scoprire un coraggio da leone, imparare a trattare per salvare vite corrompendo con soldi e alcool chi gli parla puntandogli un mitra in faccia. Deve fronteggiare tradimenti, corruzione, voltafaccia delle istituzioni. Deve destreggiarsi continuamente in un contesto dove l'alleato di oggi può essere il carnefice di domani, se non gli dai il suo whisky. Dove forze regolari e forze ribelli sono comunque gruppi armati di persone corrotte e amorali. E deve restare freddo in mezzo all'orrore, quando una mattina fa ritorno dai suoi approvvigionamenti e il furgoncino, avvolto nella nebbia, comincia a ballonzolare su quella che lui pensa una strada dissestata, ma che si rivela essere ricoperta, lastricata di vittime per centinaia di metri. E la lotta per sopravvivere continua così, fino alla scena tremenda in cui le donne attingono l'acqua dalla piscina dell'hotel, perchè per bere non c'è più altro.

Paul alla fine riesce a salvare la sua famiglia. Oggi vive in Belgio, dove forse chi gli abita a fianco non sa nemmeno che lui è un altro Schindler.

La guerra civile terminò quando ribelli Tutsi riuscirono a mettere in sicurezza, diciamo così, una parte del territorio. Era ormai luglio, e in 3 mesi o poco più quasi un milione di persone persero la vita nell'indifferenza quasi totale del resto del mondo, forse giova ripeterlo.
Moltitudini di profughi, di persone segnate per la vita da quello che hanno visto o subito, sono state sparpagliate fra RD del Congo, Tanzania, Uganda. E il valore di una vita lì è ancora qualche cosa non troppo decifrabile.

Per chi fosse interessato ad approfondire, segnalerei Humanitarian Circus, il blog di una mia amica (che peraltro mi ha fornito qualche precisazione anche per questo post) che lavora in Congo con una ONG americana. E' molto utile per capire il contesto, alcuni post raccontano anche questi retroscena. Ed è scritto in maniera veramente eccellente.