venerdì 17 dicembre 2010

Barber Shop

Doveva succedere prima o poi. Quasi un inevitabile statistico, a forza di tirare il dado il numero esce. Dopo mesi e mesi di anarchia tricologica, ho deciso che una volta ogni quattro anni almeno si può anche fare. 

Niente macchinetta, niente do it yourself. Anche se distribuiti secondo canoni non ottimali, i capelli si stavano allungando un po' troppo. Uno dei miei obiettivi minimi è quello di non pensare nemmeno di pettinarmi, la mattina. Quindi di solito li tengo corti. Non importa come, tanto non è che c'è molto da scegliere. 4-4-2, 4-3-3 se proprio mi sento così. Ma corti. L'idea del vellutino in testa mi piace. Solo che stavo esagerando. Appena sveglio sembravo Sordi ne Il maestro di Vigevano (dove c'erano delle leggi che oggi non ci sono più, Bergonzoni).

Due o tre sere di avvicinamento tattico. Passo davanti alla bottega, che purtroppo non ha davanti il canonico oggetto in foto (la mia gratitudine a chi me lo spiega. Mi fa tanto un "Dio c'è" della categoria dei coiffeur...). Sempre tre o quattro persone, e sono le sette di sera. Non è cosa. Non ho più alternative se non il sabato mattina presto. Si va. Comunque due persone davanti. Che ne sai, magari questo è anche bravo, in zona ne avevo visti altri. Entro. Teenager in seduta, che si sta facendo sistemare la folta capigliatura quasi da Emo, a capirsi. Contento lui. Mi sprofondo nella lettura del Corriere (a Roma non va specificato quale). Ma dopo un po' comincio a guardarmi intorno, a riscoprire un po' di oggetti del mestiere che in effetti ti identificano un po' il chi è chi della categoria. Intanto, la disposizione di sedute e lavandini per lavaggio. Se vai dal parrucchiere delle dive, hai la poltrona con l'appoggio per il collo, tiri indietro la testa e vieni lavato premurosamente. Qui no. Sedione piombate imbullonate a terra, devi chinarti in avanti verso il lavandino. E fra le sedie, l'inevitabile cavalluccio per bambini. Metallo appena brunito dal tempo. Soliti prodottini, ma una specie di centrifuga scura mi incuriosisce. Quando arriva il mio turno estrae dal cilindro una coppia forbice-rasoio appena sterilizzati. Wow.

Diciamo che sono un cliente facile, per modica quantità di materia prima. Inumidisci, pettini, dai un po' di forma, nemmeno ti obbligo alla chiacchierata sportiva (se trovo un barbiere che mi parla di football americano a Roma divento cliente fedele, fosse pure er canaro). Quindi mi godo quei venti minuti quasi ovattati in cui posso trastullarmi in inutilities varie, mentre il tizio sforbicia a sua discrezione. Vari preparati che danno idea di stare lì da anni, sebbene le confezioni sembrino nuove. Shampoo di vari tipi, lozioni improbabili, ma soprattutto il vero e proprio totem del barbiere di lungo corso.


In un angolino del bancone, con l'indispensabile plugin della peretta rossa da spruzzo, sta lì, rassicurante. La boccia vitrea del dopobarba Floid. Il tizio ha una faccia inquietante, ma la pettinatura brillantinosa e il sorriso virilmente solo accennato hanno sempre rappresentato l'icona di un facile, dovuto successo con le signore. Non giriamoci intorno. Tutti noi quarantenni poco più poco meno almeno una volta in vita nostra siamo stati da un barbiere in cui era presente il bottigliozzo di Floid. Personalmente non ho mai avuto la tentazione di sperimentarlo, potrebbe esserci del whisky o anche del kerosene là dentro, e comunque sono restio a farmi mettere in faccia una cosa che sta in questo mondo da più anni di me, ma fa simpatia.

E soprattutto ha gradevolmente distolto la mia attenzione da un trifolatore di esistenze altrui di età fra i 5 e i 6 anni, che appena entrato con la madre ha ininterrottamente cantilenato per venti minuti "io non mi voglio tagliare i capelli". La mia solidarietà all'operatore tricologico :)


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