mercoledì 7 settembre 2011

The art of quarterbacking - Peyton Manning

Sta solo cambiando uno schema...

Non deve essere facile essere Peyton Manning.
Quattro volte miglior giocatore della lega, un Superbowl vinto, uno perso. Quattordici anni di leadership indiscussa. Raramente una squadra è stata identificata in maniera così netta con un giocatore. Proprio questa è una delle definizioni più dirette di "miglior giocatore": togliere Manning ai Colts e vedere che cosa accade.

Secondo me il miglior QB dell'ultimo decennio è lui. Qui scattano i puristi delle cifre, che fanno notare che Brady di qua, Brady di là. Non si può chiedere a uno che tifa per i Dolphins di celebrare Brady. Brady ha il super attacco, la linea dei barbuti, i ricevitori forti, la super difesa, il tizio in felpa a bordo campo. Quella lì in tribuna che tifa. Così è facile.

Manning no. Lui non è aiutato dagli allenatori o dal sistema. Lui è il sistema. Basta vedere cosa accade a bordo campo quando succede qualcosa di sbagliato in attacco. Solitamente il capo allenatore o l'offensive coordinator parlano con il quarterback, cercano di capire cosa non è andato, leggono le foto inviate dagli assistenti in tribuna. Lui no. Si isola da tutti. Resta un po' a pensarci. Verrebbe da dire che reingegnerizza il tutto. Poi va dall'allenatore, spiega cosa è successo e come ci si regolerà in seguito. Succedeva con Tony Dungy, che era un buon allenatore. Succede con Jim Caldwell, che secondo me non lo è. E poi basta vederlo in azione. No huddle. Sistema i compagni, chiama lo schema, un difensore reagisce, cambia lo schema. Un misto fra un condottiero e un direttore d'orchestra, perchè va anche detto che non recita malissimo.

Un grande. Personaggio idolatrato dalla comunità e dai media. Sovraesposto, sicuramente. Ma che riesce a non perdere mai il focus su quello che deve fare. Semplicemente perchè è un predestinato vero, secondo me.
Figlio di un grandissimo quarterback, Archie Manning. Fratello di un grande quarterback, Eli Manning. L'aneddotica su di lui è sterminata. Raccontava Roberto Gotta che al primo giorno di college, tutti gli allenatori si videro costretti a tornare sui libri per rispondere alle domande poste dal freshman...

Un perfezionista in tutto e per tutto. Davvero, quando chiama lo schema si ha l'impressione che sia inclusa la pettinatura della signora in seconda fila e l'aggiornamento del software del palmare del tizio a fianco. Ma anche per questo, ammirazione e rispetto. Uno che ha una organizzazione mentale di quel tipo sa ciò che vuole e come ottenerlo.

Per non parlare del giocatore. Il braccio. La capacità di lettura. La leadership. E gli errori che te lo riportano a terra, fra gli umani.

E domenica prossima, per la prima volta in quattordici anni e 227 partite consecutive, ci sta che non ce la faccia a giocare per un problema al collo. Un grande in bocca al lupo, Peyton è una leggenda. E lo sa.

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