giovedì 22 settembre 2011

Giornalisti e giornalismi

Giuseppe D'Avanzo (1953-2011)
Il 30 luglio di quest'anno ci ha lasciato Giuseppe D'Avanzo. La definizione più logica che mi viene è quella di giornalista vero. D'Avanzo era il tipo di professionista che ispirava il suo lavoro, il suo modo di fare cronaca, al normalissimo credo di un giornalismo vero. Fatti. Evidenze. Che cosa, chi, come, dove, quando. Non era assorbito cuore e midollo nelle vicende che raccontava, non era troppo avvezzo alle considerazioni di carattere personale, come poteva esserlo una Anna Politkovskaja, con le dovute differenze di contesto. D'Avanzo ragionava semplicemente sul fatto che ogni sua riga, alla luce dei fatti, era inattaccabile. Giornalisti come lui in Italia non se ne vedono molti. Chi fa inchiesta e con un minimo di approfondimento oggi deve essere più che mai consapevole che si espone alle ire e alla potenza di fuoco di chi viene messo sotto l'occhio del pubblico e non lo gradisce. Penso a Milena Gabanelli. In un certo senso anche a Marco Travaglio, ormai diventato un po' troppo personaggio ma mai smentito su una riga di quello che ha scritto, financo nelle sedi legali dove viene trascinato con solerte regolarità da più parti.

Giornalista vero in effetti parrebbe una tautologia, vista così. Cerco di connotare meglio. 

Chi non era Giuseppe D'Avanzo? 
Chi non è un giornalista vero, a prescindere da incarichi, qualifiche, esposizione giornalistica e mediatica?

Mi faccio aiutare dal post di un amico, dal titolo eloquente di "Chi tocca muore", la cui lettura è vivamente consigliata. D'Avanzo non era un organico a quel simpatico gruppo che, parafrasando l'ottimo Saviano, mi viene da definire come "la macchina della bava". Persone interne a house organ, televisioni e altro che in nome del pensiero unico ultimamente non devono neppure essere istruiti. Ormai sono più silvisti del re stesso. E' istruttivo condurre un minimo di analisi sui due più rodati dispositivi sparabava su carta: i due cloni che si passano periodicamente direttori, redattori e quant'altro. Fa quasi simpatia vedere come parlino loro della parzialità degli altri. E' sufficiente il titolo di prima pagina: è rigorosamente scritto tutto in maiuscolo (Denis Mack Smith osserverebbe che questa era una abitudine tutta mussoliniana), è volutamente ellittico ma credo più per oggettiva povertà di idee che per eleganza stilistica, ed è immancabilmente quello che mi mette voglia, ogni benedetta mattina che incappo nella rassegna stampa, di incontrare questi signori e di metterla proprio sul fisico. 

C'è un modo di procedere quasi algoritmico, che ha trovato una sorta di codifica con il cosiddetto metodo Boffo. Anche usando notizie inventate di sana pianta, viene distrutto con buona sistematicità chiunque entri nel loro mirino. Che poi alla luce dei fatti si tratti di notizie inconsistenti diventa marginale. Tre righe di scuse vicino ai necrologi. Metodo poi riutilizzato con la casa di Montecarlo, vicenda che ha generato una pletora di articoli che avevano già incartato le uova al mercato ancora prima di essere dati alle stampe. 

La nota ovviamente implicita è che tutto quello che fa il padrone è sacro e giusto. Anche quando, come da troppo tempo a questa parte, il padrone è indifendibile. Mi sembra che questi signori, di fronte a un tumore che sta devastando un corpo a livelli quasi non più recuperabili, fissino pervicacemente la loro attenzione su quel fastidioso problema al menisco, ignorando le metastasi in circolo.

Tra l'altro ho l'idea che i due giornali grondanti abbiano in comune anche il titolista. Ultimamente però li ho visti un po' distratti. Tre o quattro giorni fa, in occasione della notizia del downgrade che S&P ha dato al debito italiano (titolo che occupava la prima pagina anche della rosea, praticamente), gli sparabava erano concentratissimi sui magistrati che osavano disturbare la mutanda presidenziale. Si sono dimenticati di insultare la presidentessa di Confindustria che aveva espresso un parere abbastanza netto sull'operato del governo, evidentemente. Almeno almeno un "BRUTTA TROIA" in prima pagina su uno dei due me lo aspettavo. Mi hanno deluso.

Ecco. D'Avanzo non era uno di questi. Mi permetto di consigliare "Inchiesta sul potere", che illustra come funzionano un po' di meccanismi, basandosi semplicemente sulle evidenze.

Nessun commento:

Posta un commento