venerdì 22 ottobre 2010

Il sequestro Moro - Letteratura minima


Il sequestro di Aldo Moro è stato innegabilmente il fatto che ha segnato la fase storica della cosiddetta prima repubblica. I fatti sono noti. Aldo Moro venne rapito mentre, da presidente del partito di maggioranza relativa, stava lavorando per aprire la partecipazione al governo anche al primo partito di opposizione.
All'atto del rapimento vennero uccisi i cinque poliziotti della sua scorta. Il sequestro durò cinquantacinque giorni, al termine del quale le Brigate Rosse uccisero Moro e lasciarono il corpo in un'auto parcheggiata a metà strada fra la sede della DC e quella del PCI.

Nel tempo questo episodio drammatico nella storia del paese è stato trattato in più modi, sia per cercare di mediare quando le varie ricostruzioni divergevano, sia, forse inconsciamente, per uscire con una memoria condivisa da lasciare alle generazioni successive, perchè resti chiaro a tutti a cosa si arriva quando si parla con le armi, forse per esorcizzare. 

A mio personalissimo parere, il cinema ha affrontato questa storia in maniera tutt'altro che obiettiva. Il caso Moro pare un instant movie, didascalico e a volte con palesi forzature della verità a scapito della narrazione. Tenuto in piedi da buoni attori (Gian Maria Volontè e Mattia Sbragia), ma se l'obiettivo è il racconto di un fatto, non ci siamo proprio. Piazza delle Cinque Lune pare un prequel di Angeli e Demoni. Dopo questi due non ho nemmeno avuto il coraggio di vedere i trailer di Buongiorno Notte, che magari sarà anche un buon film.  Decisamente migliore la documentaristica, soprattutto La notte della Repubblica di Sergio Zavoli, uno dei più grandi giornalisti televisivi, quando aveva ancora senso ascrivere dignità alla categoria (con i dovuti distinguo, chiaro).


Molta letteratura, però, ha dato nel tempo il giusto peso a questo episodio della nostra storia, contribuendo a delineare fatti, persone e responsabilità in modo onesto. 

Due letture da segnalare: La tela del ragno di Sergio Flamigni, nelle sue varie edizioni, è sicuramente il testo più autorevole relativamente alla dinamica del sequestro, alla gestione politica degli avvenimenti, alle ingerenze massoniche e americane. Contiene anche il testo di tutte le lettere che Moro scrisse nella prigione del popolo e che i corrieri brigatisti recapitarono ai destinatari. Non di facile lettura, narrazione un po' piatta. Ma si tratta di cronaca e non di romanzo. Un must se ci si vuole accostare all'argomento e farsi un quadro organico completo. Non so se l'ultima riedizione abbia incluso anche le confessioni che hanno permesso individuare nella persona di Germano Maccari il cd. quarto uomo nella base-prigione di Via Montalcini.
La seconda segnalazione riguarda un libro che per la prima volta affronta la storia dall'altra parte: Il prigioniero è un libro che si compone di due storie parallele. Il sequestro di Aldo Moro raccontato dall'interno della casa di Via Montalcini, narrato da Anna Laura Braghetti che era la militante "faccia pulita" che per presenza e comportamento rendeva quel covo sicuro rispetto a controlli e segnalazioni. A capitoli alterni l'autrice racconta poi la sua parabola di vita, come si è trovata per piccoli passi coinvolta nella lotta armata fino a non poterne o volerne più uscire. Il sequestro Moro, le altre azioni armate, o per supporto logistico o per fiancheggiamento. Fino all'omicidio di Vittorio Bachelet, colpito a tradimento in mezzo agli studenti, dentro l'università. E la sua parabola di pentimento, il carcere. Il riavvicinamento ai familiari di Bachelet, persone esemplari per dignità e dirittura morale, che la accolsero e la aiutarono per lo meno a guardarsi dentro.
Non per giudicare, ma per conoscere. Lungi da me l'elogio della lotta armata.

Non mi è piaciuto L'affaire Moro di Sciascia, a suo tempo presidente della commissione parlamentare di inchiesta. Come d'abitudine, l'autore "si sciascia addosso" un po' troppo, specialmente quando si mette a giocare sul gerundio eseguendo del comunicato numero 9. Dava già idea di quel declino intellettuale che lo portò in seguito a prese di posizione veramente indifendibili, ad esternazioni quali quelle contenute nell'articolo "I professionisti dell'antimafia". Vedere un intellettuale che aveva contribuito a creare una bella coscienza di legalità giocare così malamente il proprio potere di moral suasion mette tristezza.

1 commento:

  1. Aggiungo un testo, che non cambia molto la situazione:
    Eseguendo la sentenza di Bianconi
    (http://www.anobii.com/books/Eseguendo_la_sentenza/9788806190040/019985dc44179c086e)

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