Se vi accorgete che alle elementari vi hanno privato della lettura dei libri di Jules Verne, per me ci sono gli estremi per intentare causa all'istituzione. Vi hanno tolto qualcosa. Verne va letto, magari non tutto, ma va letto. E con lo spirito e l'immaginazione fertile che abbiamo fra gli 8 e gli 11 anni. E no che ci stanno a piallare l'esistenza con il libro Cuore, che si legge meglio alle superiori (e per inciso si fa il tifo per Franti).
Il mio Verne è il dittico Dalla terra alla luna e Intorno alla Luna. Il primo è stato scritto nel 1865, centocinque anni prima dell'Apollo 13, viaggio molto meno letterario ma incredibilmente vicino alla vicenda narrata dallo scrittore francese.
Alla luce dell'iter della conquista dello spazio del ventesimo secolo lo scritto di Verne, se da una parte fa tenerezza per i modi avventurosi, le approssimazioni scientifiche, il candore dei personaggi, dall'altra deve essere rispettato per la cura dell'aspetto tecnico e delle ambientazioni e per la fiducia mostrata in largo anticipo verso le capacità umane.
La trama è nota: il Gun Club di Baltimore, colorita congrega di artiglieri messi forzatamente a riposo dalla fine della guerra civile, si propone di inviare un proiettile sferico sulla luna. Raccolta di fondi, progettazione, studio del problema sono quasi a compimento quando un telegramma stravolge l'intero pianeta "Sostituite obice sferico con proiettile cilindro-conico. Viaggerò dentro proiettile. Firmato Michele Ardan". Un avventuriero francese che diventa eroe popolare e poi vero e proprio idolo quando convince anche il presidente del Club (Barbicane) e il suo irriducibile nemico (Nicholl) ad unirsi a lui nel viaggio col pretesto di veirficare l'esito di una scommessa. Viene costruita una immensa bocca da fuoco (il Columbiad) nei pressi di Tampa, e davanti ad un pubblico di milioni di persone vengono sparati in orbita da una carica al fulmicotone. Ma ad un certo punto del viaggio un asteroide di piccole dimensioni passa troppo vicino al proiettile e ne cambia la traiettoria in modo impercettibile, ma tale da rendere impossibile l'allunaggio, condannando il proiettile a diventare a sua volta satellite della luna. Finchè, dopo accurati studi, i tre ricavano una spinta extra dai razzi del dispositivo di assorbimento dell'urto iniziale, ma anzichè sulla luna ritornano sulla terra, dove verranno raccolti in mezzo all'oceano.
Nel 1970 Jim Lovell, Ken Swigert e Fred Haise partirono dal Kennedy Space Center di Cape Canaveral (Florida) diretti verso l'altopiano di Fra Mauro a bordo dell'Apollo 13 (altro film che va visto...). Dopo tre giorni un guasto all'impianto di rimescolamento del propellente mette seriamente in dubbio l'incolumità dell'equipaggio, oltre a far abortire la missione e l'allunaggio. Dopo avere orbitato intorno alla luna l'equipaggio è costretto all'accensione dei razzi dell'orbiter per rimettere tutto il veicolo su una traiettoria di rientro libera. Splash nell'oceano con il pathos del ritardo nel contatto radio al rientro nell'atmosfera. "Un fallimento di successo", come disse poi Jim Lovell.
Beh, giù il cappello davanti a Verne :).
E grazie a wikisource, che rende disponibile online tutto il libro.
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