lunedì 10 maggio 2010

La notte della gallina

Ci sono dei passaggi nella vita di ciascuno di noi che delimitano in maniera netta la fine di una fase e l'inizio della successiva. A volte sono individuati dalla tristissima espressione quando ero giovane queste cose le facevo senza accorgermene. Volenti o meno, queste cose succedono in tutte le categorie dell'esistenza umana, con vari tipi di impatto.

Nel 2002 il mio 33esimo (!) compleanno cadde nel lunedì di Pasquetta, peraltro giornata lavorativa.
La precedente domenica, come da tradizione pasquale, aveva visto la presenza di libagioni di qualità e quantità ragguardevoli. E come da copione, una certa libertà di accesso alla cioccolata, cibo degli dei, su cui non faccio sconti in tempo di pace, figurarsi in guerra...
Fra le varie prelibatezze, un parente aveva portato una spettacolare gallina di cioccolata al latte aromatizzata all'arancia. Vuoi prima dei pasti, vuoi dopo i pasti, ora come aperitivo, ora come dolce, quella sera probabilmente avevo sulla coscienza circa mezzo chilo della suddetta gallina, ad esser signori.
Tornati a casa, ci si corica con la lieta prospettiva che il giorno dopo, oltre al turno pomeridiano (sicuramente più leggero) mi aspettavano le solite e gradite telefonate di persone care per il mio compleanno. Ma c'era il conto in sospeso con la gallina. Verso le due di notte mi sveglio per un doloroso cerchio alla testa. Gocce per il mal di capo anche in quantità generosa, poichè non avevo certo il problema di essere a stomaco vuoto. Mi alzo, essenzialmente per non infastidire oltre misura la coniuge in dolce attesa. Vado in salotto dove mi metto un film alla tele perchè il sonno venisse almeno agevolato (strano ma funziono così). Nulla. Il mal di testa aumenta. Fastidio. Passo alla cd. fase del rantolo, dove biascico mugugni nemmeno silenziosi a mezza bocca, a intervalli regolari. Camomillina, come di prammatica. Macchè.
Verso le quattro del mattino, ormai ridotto uno straccio, entro nel luogo di decenza e mi inginocchio di fronte all'idolo di porcellana bianca (devo delle royalties a chi so io...). Tra una performance purificatrice e l'altra trovo il coraggio di chiedere alla coniuge se almeno veniva a reggermi la fronte. Non ho idea se questo pietoso ufficio abbia poteri taumaturgici particolari oltre a quello di evitare dolorose craniate "a bordo vasca", diciamo così.
Dopo il lungo e rumoroso redde rationem mi alzo, passo inevitabilmente davanti allo specchio dove, se possibile, lo spettacolo era anche peggiore rispetto al solito. Occhio iniettato di sangue, strage di capillari esplosi in viso che facevano un curiosissimo effetto del tipo Heidi dopo dieci chilometri di corsa in salita sotto il sole. Una vera chiavica, a farla facile.
Purtroppo il rituale catartico non aveva nemmeno esaurito il conto in sospeso con la gallina. Vuoi per le premesse, vuoi per lo sforzo, permaneva un ricco mal di testa. In mattinata valuto una specie di soluzione omeopatica: non avendo contanti in casa, faccio una passeggiata fino al bancomat, magari mi ricreo un po'. Provatissimo per la nottata, arrivo quindi di fronte al maledetto ordigno eroga-soldi.
Primo tentativo.
"Inserire il codice segreto facendo attenzione a non essere osservati".
x...y...z...v...w
"Codice errato. Riprovare"
Secondo tentativo
x...y...v...z...w
"Codice errato. Riprovare"
Mapporc...
Telefono alla coniuge, peraltro risentito perchè lei non aveva idea di dove io potevo aver messo i dati del mio bancomat nell'ordine poco meno che aristotelico in cui tengo le mie cose...
Per evitare ulteriori grane col sistema bancario, mi riprendo il tesserino senza ritirare contanti. Rientro a casa e poichè il mal di testa imperversava, chiamo uno dei vari amici medici ereditati in famiglia, solo per sentirmi dire "Ah. Hai le nausee? Ma guarda che quella incinta è tua moglie... Dici che hai mangiato mezzo chilo di cioccolata? Ah, è proprio strano che tu sia un po' in disordine...". Saluto diplomaticamente il buontempone per evitare che finisse a schifio...
Chiamo in ufficio. "Mi sento niente bene, ci si vede domani".
E buon compleanno, Mauro. Quando avevi vent'anni la cioccolata la digerivi meglio...

Nessun commento:

Posta un commento