E' un momento di lentezza, quasi un lusso, ritagliato in un quotidianume talmente mal strutturato da sembrare un acceleratore di particelle fuori controllo.
La tisana va scelta, preparata, seguita, coccolata per un po' di tempo e poi gustata col dovuto rispetto. E' ovviamente una scelta dettata dall'umore. Un tè, un decotto, una camomilla. Come mi sento? Cosa sto chiedendo? Gusto? Tepore? Energia? Spezie? Si può fare tutto. Mi rimorde un po' la coscienza quando abbatto i tempi scaldando l'acqua col microonde. Vabbè, il risultato finale è acqua calda a tot gradi lo stesso, ma parte del rituale è andata, pare più un fast food che un momento da regalarmi. Se però ho la possibilità di farmi un certo tipo di tè, mi piace rispettare alcune regole. Non il tè in bustina, uso il dispenser da mettere nel teapot. Le tazze giuste, il biscottino di accompagno di un certo tipo. E lì a quel punto apprezzo sia la decisione di un nero, che le sfumature di un earl grey. Niente tè verde, un po' troppo modaiolo e poi non è che da grande voglio fare la modella.
Oltre al gusto in sè e al momento di tranquillità, quello che mi piace è l'esplosione cromatica, quando l'acqua comincia a prendere colore e profumo, quando quella sospensione è ancora in una fase instabile. Essendo fuse in un elemento senza colore, le tisane catturano anche un po' l'occhio.
Il rosso deciso dell'ibiscus, il karkadè. Ingiustamente sbertucciato in quanto bevanda dell'impero. A me piace, lo trovo buono e dissetante. Ogni tanto d'estate me ne preparo una bottiglia grande e la lascio in frigo. Con tanti saluti alle bollicine di Atlanta. L'arancio cupo del rooibos, buonissimo concentrato di uno pensa chissà quali spezie, per scoprire poi che si tratta di una umile leguminacea. Gli infusi di frutta, che mi riportano ai tempi in cui studiavo e me li calavo praticamente in vena.
E la radio che stamani ha annunciato che la Twinings verrà stritolata dalla globalizzazione e metterà gli impianti nell'est europeo e in Cina...
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