giovedì 9 settembre 2010

Stilografiche


Tutte le volte che ne avevo la possibilità, mi piaceva un sacco scrivere con la stilo.
La scrittura con la stilografica è un po' come la guida con il servosterzo, in un certo senso. La sensazione che ci sia meno attrito fra penna e foglio (non se si sta restando a secco di inchiostro). Un invito ad un movimento che per qualcuno può essere rotondo, liquido, se si usa il pennino secondo un certo angolo, per qualcun altro può essere tagliente, rumoroso, se si va di punta. Forse una questione umorale, forse un riflesso caratteriale. Materia da grafologi, evitiamo.

La cosa che mi piaceva di più era una specie di implicita esortazione all'ordine. Imparato dalle suore da bimbo: con la stilo scrivi tutto ordinato! Marginale il fatto che avevi comunque i polpastrelli sempre blu o neri. Blu, per la precisione, perchè sul nero non potevo usare il cancellino. La scrittura ordinata m'è tornata utile all'università. Ogni tanto c'era bisogno di sintetizzare, di schematizzare. Foglio A4 e stilo colorate! Diagrammi di flusso, circuiteria varia, algoritmi, calcolo di integrali, mi piaceva ogni tanto fare le cose tutte colorate e pulitine. Sì, ci mettevo più tempo ma a mio modo riuscivo ad avere un buon metabolismo. Per mettere una cosa in un bel layout ero indotto a ragionarci, a speculare su eventuali passaggi non chiarissimi, a volte a trovare anche una strada tutta mia.

E una delle cose che poi mi intrigava di più era il cambio di colore. Avevo delle normali stilo a cartucce, non la Ferrari delle stilo in foto (una Mont Blanc Meisterstuck...). Vicino casa avevo una cartoleria seria, e i colori disponibili erano blu, nero, marrone, rosso, ocra, verde, viola, fucsia. Periodiche scorte di proiettili cromatici.

E due effetti collaterali divertenti... Il cambio di cartuccia... Ovviamente non mettevo mai due volte di fila lo stesso colore! E ogni refill portava una virata transitoria dal vecchio al nuovo che spesso generava mix con una loro improbabile eleganza. Il secondo, più paranoide, era il bullet count... Quando finiva la cartuccia, tagliavo la coda e conservavo la pallina in apposito contenitore. Per non impazzire ogni volta col conteggio, decisi in breve che era più saggio andare di dieci in dieci. Ho ancora quel barattolino, sopra c'è un pezzetto di scotch con la scritta "733"...

Se cade a terra è un dramma!

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