martedì 5 luglio 2011

Il secondo quarto

Nella vita di ognuno di noi deve essere un bel momento quello in cui stiamo dando tutto e ci accorgiamo che le cose si stanno mettendo nel modo giusto, che il destino sta per girare. In ogni contesto. Lavoro, amicizia, amore, sport. 
Quando ci troviamo davanti ad una serie di eventi positivi e i nostri sforzi continuano a generarne altri. Deve essere una bella sensazione. Sentire la vita che scorre bene dentro di noi, che stiamo costruendo qualche cosa di vero, che ci resterà per sempre.

Quello che ho scritto in maniera che non può che essere inadeguata, dovrebbe essere qualcosa di simile a quello che hanno provato i Green Bay Packers durante il Divisional Round a casa dei Falcons, top seed della NFC. I Packers erano arrivati ai playoff con l'ultimo treno utile, nel posticino di coda che prevede solo partite in trasferta verso la parte più ostica del tabellone. Erano comunque a pieno titolo nel gruppo delle squadre che nel campionato "vero" di gennaio-febbraio si giocano il titolo ed erano arrivati a quel punto nonostante un elevato numero di infortunati fra i titolari.

Riescono comunque a rovinare l'annata a Michael Vick, andando a vincere la wild card a casa dei Philadelphia Eagles. Ma il prossimo ostacolo sarebbero stati i Falcons. Matt Ryan, Michael Turner, Tony Gonzalez e una signora difesa. E un inquietante record di vittorie sotto la cupola del Georgia Dome. Quindi il pronostico appariva abbastanza chiaro. Bravi i Packers, belli da vedere, Rodgers è un fuoriclasse ma si fermeranno là. Questo si pensava.

La partita in effetti si mette proprio in quel modo. Il primo quarto parte con le due squadre che cercano di capire come sia attaccabile la difesa avversaria, in maniera abbastanza conservativa. Atlanta è in grado di controllare l'orologio avendo un runner come Michael Turner. Riesce a mettere su un drive sostenuto e colpisce per prima. Green Bay dimostra di sapere subito reagire e muovere la palla, chiudendo il primo quarto sotto di un touchdown e con il possesso. Rodgers ed i suoi terminano la serie nel modo giusto, con un touchdown di Jordy Nelson con dodici minuti e spicci sul cronometro alla fine del secondo quarto. Sette pari.

Da lì in poi si mette in moto quel meccanismo esaltante che ho cercato di spiegare all'inizio. Da lì in poi i Packers cominciano a rendersi conto di essere i Packers. E gli avvenimenti partono nella maniera più strana. Non c'è nemmeno il tempo di rallegrarsi per il pareggio che Eric Weems riporta il kickoff di Crosby direttamente in end zone dopo aver corso per 102 yards intoccato, evitando un paio di tentativi di placcaggio e poi lasciando semplicemente girare le gambe.

Prendere un touchdown in quel modo di solito taglia le gambe. Hai appena segnato. Magari sei in panca a gasare i ragazzi della difesa, ridateci quella cazzo di palla subito che ci pensiamo noi, e ti passa davanti quello con la maglia rossa e in un amen capisci che è andato, che verrà placcato solo dai suoi compagni, solo nella tua area di meta, solo per i festeggiamenti. Non è un bella sensazione. In una partita, più che mai in una partita di playoff, controllare il momentum è imprescindibile. E' la differenza fra vincere e tornarsene a casa.

Da lì in poi i Packers comiciano a scrivere la storia del loro 2011. Rodgers, che stava già facendo una partita molto solida, diventa praticamente infallibile. Guida i suoi per 92 yards in 10 giochi. E non lancia facile e corto. No. Gestisce la pressione, prende rischi, legge coperture in un modo che ho visto fare a gente come Montana, Elway, Manning, Brady. Non ha fretta, azione dopo azione fa la cosa giusta. E arriva il 14 pari dopo una corsa di Kuhn.

E questa partita diventa sempre più la storia di due giocatori. Rodgers, appunto. E Tramon Williams, il cornerback più attaccabile, di solito vittima sacrificale perchè sull'altro lato c'è un Charles Woodson. Williams fa un primo miracolo quando intercetta Matt Ryan all'interno della end zone dei Packers, anticipando Michael Jenkins con una elevazione terrificante. Il lancio di Ryan era un po' under, ok. Ma uccidere un drive in quel modo ha il suo peso sull'inerzia della partita.

E poi si riparte da Rodgers, che continua a non sbagliare niente. Cinque completi su sei, fino al lancio in end zone fra le mani di Greg Jennings, per il 21 a 14 che gela improvvisamente tutti i decibel che gonfiavano il tetto del Georgia Dome. Non è più un discorso di statistiche, di tendenze, di terzi down da convertire. Qui è un problema di emozioni. They were on their roll. Lo sguardo di Rodgers, che sembrava stesse facendo semplicemente quello che era previsto per lui in quel momento. I ricevitori, che si giovavano dello stato di grazia del loro quarterback. La linea, che dava tempo per fare tutto o quasi. La difesa, che stava imbavagliando la macchina perfetta di Ryan e dei suoi.

E manca poco, stanno per andare negli spogliatoi con un inaspettato vantaggio di una meta. I Falcons ovviamente vogliono provarci, si avvicinano e vogliono almeno arrivare a distanza di field goal. Tre punti non ti fanno schifo in quel momento. Ryan ha pochissimi secondi, buoni a quel punto per due giochi. La prassi è quella di pescare un ricevitore profondo e vicino alla linea laterale, in modo che esca dal campo, fermi il cronometro e permetta al kicker di entrare per il calcio. Ryan mira il suo bersaglio preferito, Roddy White. Ma è troppo scontata come soluzione, troppo. E poi c'è di nuovo Tramon Williams, che legge bene, anticipa White e senza più tempo sul cronometro sprinta per 70 yards e si ferma nell'area di meta dei Falcons. 28 a 14. Un parziale di 21 a 0. Lo stadio ammutolito, incredulo.

Vista, registrata, rivista un bel numero di volte, come per provare a ricavarne un incoraggiamento personale.

E la sensazione che stavano avendo loro al rientro nello spogliatoio.

We are the Green Bay Packers.




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