venerdì 30 luglio 2010

Perle coatte

A volte mi rendo conto che mediamente ho una socialità un po' troppo vincolata a certi standard de facto. Casa, auto, ufficio, auto, casa. Frequentazioni ben definite, posti dove look e lessico rientrano in schemi di un certo tipo, poco contatto col nuovo che avanza. Per contrappunto, quasi come una boccata di ossigeno, racconto due siparietti cui ho assistito durante qualche giorno di vacanza.



1. Location: stazioncina sulla linea ferroviaria Roma-Nettuno, tardo pomeriggio. Sulla banchina coppietta di ragazzi sulla ventina o poco più. Tutto sommato lei attira l'attenzione. Bellina, magari un po' troppo ostentata, che parla col ragazzo sfoderando un inglese decisamente ben padroneggiato, diciamo tra il fluent e lo smooth. Non mi meraviglia troppo in quelle zone la presenza di anglofoni. Nettuno ospita il cimitero americano, periodicamente visitato dai presidenti di turno. In Italia Nettuno è una delle culle del baseball, il national pastime americano. Ad Anzio c'è il cimitero inglese, dove riposa anche il padre di Roger Waters dei Pink Floyd, si dice.

Insomma, non è la prima volta che sento parlare inglese da quelle parti. Dopo qualche minuto di attesa squilla il telefono della fanciullina... "Sì. Dimme. Che vòi? No, guarda, nun se ne sta manco a parlà, poi stasera me tocca da cenà da mi zia. Che vole Giulia? Noooooo, se lo pò scordà. Se la senti dije che dopo quer pezzo che m'ha fatto la cancello da la tèra, sta stronza! "

Mentre lasciavo la tipa alla sua privacy, anche se non faceva sforzi evidenti per nasconderla, mi sono concesso una riflessione quasi autoaccusatoria, dandomi dell'esterofilo fino ai limiti del razzista. Ma come: la bellona bionda anglofona va bene sia per la vista che per l'udito ma non appena switcha la derubrichiamo a coatta? Mauro, questo non ti fa onore!

Il tutto fino alla chiosa finale: "Vabbè. Mo te devo salutà, perchè sto a soffrì troppo co sto tacco da dodici, nun me poi capì".

Ok: coatta.


2. Pomeriggio inoltrato, bar di stabilimento balneare con tavolini dove sto mangiando il gelato con i bimbi. Al tavolo a fianco gruppo di giovinotti intenti in un Texas Hold'em con qualche bottigliozza di birra nei pressi che serve sempre a oliare il cervello prima di un fold o di un all in particolarmente critici.

Se non fosse stato per una qualità e quantità di incisi non propriamente adatti al lessico dei piccoli, sarei rimasto lì anche offrendogli io una birra, viste le punte quasi liriche a cui arrivavano.

"E' chiaro che te purga, te c'hai du capitani, lui parte de American Airlines e te fa male. Tutto sommato però annavo a vedè pure io."

Calma e gesso.

I du capitani indicano una coppia di 10. Il che fa anche capire che i ragazzi tifano Roma, meglio così :). Ma non è ancora nulla.

L'American Airlines (vedere il logo) è la coppia d'assi, mano di partenza che è il sogno proibito di ogni giocatore. Siamo saliti di tono, ma il top sta per arrivare.

Un paio di mani dopo, allo showdown uno dei giocatori se ne esce con "Nun ve dico gnente regà, so' partito dar benzinaro e v'ho chiuso sta scala a 'ncastro. Bella pe' me!". Che intendeva? Ormai avevo quasi trovato la chiave per decifrarli... Aveva un Q e un 8! Chapeau!

Degno omaggio alla battuta di Finocchiaro in Compagni di scuola "Famo er pokerino, famo er pokerino, poi co tre ganci te cachi sotto!!!".

Altro che le due di Ostia, proprio un altro pianeta, youtube it or not!


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