giovedì 29 luglio 2010

L'assassino


Jack Tatum (aka The Assassin) è una delle figure più difficili da digerire per chi ha una idea del football come la mia, realistica ma con una tendenza all'idealizzazione a volte un po' infantile. Uno sport duro, violento, ma con fior di professionisti, giocatori per bene, gente inserita nella comunità, bei gesti di fair play in campo, magari offrire la mano per rialzarsi all'avversario appena placcato.

No.

Jack Tatum era veramente un bastardo. Uno sporco.


Non ho mai visto nessun safety colpire con quella cattiveria. Ronnie Lott? Vicino, ma non così. Roy Williams? Gioca in guanti bianchi. Troy Polamalu? Poco più che coreografico. Intendiamoci. Sono tutti fior di colpitori, tutta gente che ti fa pagare ogni yard che cerchi di conquistare nelle loro vicinanze. Ma Tatum era la definizione di vicious tackler. Tatum ti doveva intimidire, e in molti casi si fatica a dire che non mirasse esplicitamente a far male. Troppa durezza ingiustificata, troppa guerra fra lui e il mondo, troppi colpi portati deliberatamente in ritardo e su avversari senza difese. E questo atteggiamento per me è squalificante e arriva anche ad oscurare la notevole levatura tecnica del giocatore.

Tatum aveva molti pregi. Tenicamente era eccellente. Non velocissimo, ma con una intelligenza e una capacità di lettura che gli permetteva di essere sempre nel posto giusto al momento giusto. Era l'ancora di una secondaria da leggenda, dove giocavano talenti quali Willie Brown e George Atkinson. Tatum era una delle icone dei Raiders di John Madden, una delle squadre che scrisse la storia della NFL negli anni Settanta, con lo stile (pride and poise) e con le vittorie.

Tutti i suoi compagni di squadra erano concordi su un dato. Quando ti colpiva lui c'era un rumore diverso. Ogni passaggio, ogni corsa nella sua area di pattugliamento esigevano un tributo.

Due highlights possono aiutare a capire il personaggio in campo.

Il colpo su Sammy White durante il Superbowl vinto contro i Minnesota Vikings (foto in alto). Tatum e il pallone arrivano insieme, la botta è tale da far volare il casco di White, uno dei migliori ricevitori di quel campionato. E il messaggio arriva a destinazione, da quel momento White non transiterà più da quelle parti, e di fatto non influirà sulla partita.

Il colpo su Darryl Stingley. Atroce. Immotivato. In una partita di preseason, poco più che un allenamento con le protezioni addosso. Stingley salta per ricevere un lancio un po' overthrown di Steve Grogan, non ci arriva, non ha la palla, non ha nulla. E' un corpo in caduta e basta. Tatum non rinuncia a portare il colpo, la sua spalla contro la testa di Stingley. Due vertebre. Una vita spezzata, subito tutti i giocatori intorno che si rendono conto di quanto accaduto. Stingley visse fino al 2003 su una sedia a rotelle, e la sua morte comunque precoce venne associata al trauma spinale subito.

Quel fantasma non mollò mai Jack Tatum, probabilmente. Era chiaro che quel colpo era sporco, gratuito. Darryl Stingley disse di averci messo un po' di tempo a perdonarlo, ma di averlo fatto convintamente. Fatto sta che tutti i Raiders andarono subito a visitarlo in ospedale, e in una vecchia intervista a Sports Illustrated Stingley racconta di un problema al suo respiratore mentre era presente John Madden, che si mise ad urlare e a sbracciare come da personaggio per chiamare gli infermieri. In sostanza gli salvò la vita. "Si dice" che Tatum si sia presentato la sera stessa, ma che essendo in rianimazione e in pericolo di vita fossero ammessi solo i familiari. Ma siamo sul "si dice".

Fuori dal campo cercò la sua via alla normalità dopo una vita che non è mai stata facile. Una fondazione per i giovani malati di diabete, malattia che lo ha portato via per alcune complicazioni pochi giorni fa.

Non l'ho condiviso nè apprezzato. Per me c'è una linea che lui ha oltrepassato troppe volte.

Respect. Sperando che abbia trovato un equilibrio e una pace interna nella parte di vita dopo lo sport.

Un buon articolo su Sports Illustrated.

R.I.P., Assassin.


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