mercoledì 3 novembre 2010

Buscetta, libro e realtà

Tommaso Buscetta (1928-2000) è stato il primo collaboratore di giustizia precedentemente organico all'associazione criminale denominata Cosa Nostra. Cronologicamente sarebbe più opportuno indicare Leonardo Vitale, ma le sue rivelazioni vennero ritenute poco attendibili a causa dell'instabilità psicologica del dichiarante.

Il fattore determinante era però correlato al fatto che Tommaso Buscetta non era un semplice informatore o uno che raccontava de relato. Buscetta aveva avuto il proprio cursus honorum in Cosa Nostra e la posizione che era arrivato a ricoprire (rappresentante della famiglia di Porta Nuova) era di assoluto rilievo nel contesto associativo. Buscetta rivelò quanto a lui noto a partire dal 1984 a Giovanni Falcone.

Anche se non viveva più in Sicilia da almeno quindici anni, il patrimonio informativo ascrivibile alla sua collaborazione non si può quantificare.

Buscetta continuava comunque ad essere un personaggio carismatico in seno all'organizzazione, e l'aggregazione Bontade-Badalamenti faceva ancora riferimento alla sua capacità di analizzare quanto stava maturando agli inizi della seconda guerra di mafia, a capire quali fossero le mire effettive del gruppo dei Corleonesi e di Michele Greco.

Pagò prima la sua militanza e poi la sua collaborazione con la giustizia con l'eccidio di figli, familiari, parenti, amici. Ma non si tirò troppo indietro. Non ritenne opportuno rivelare immediatamente quanto sapeva sui rapporti con i politici. Dopo la strage di Capaci fece il nome di Giulio Andreotti come referente romano delle necessità associative, in forza dei legami con Salvo Lima.

Il contributo di Buscetta deriva dall'aver trasmesso a Falcone (e per estensione al pool antimafia) non un semplice insieme di fatti, ma un modo di leggere questi fatti, e un modo di capire la risposta di un uomo d'onore (cosiddetto) anche da un silenzio o da uno sguardo. Giovanni Falcone sintetizzò "Buscetta è un professore che ci permette di capirci coi turchi senza esprimerci a gesti".

Per capire la persona e il contributo che fornì a suo tempo nella lotta a Cosa Nostra può essere utile la lettura di Addio Cosa Nostra, una specie di biografia-confessione scaturita dal racconto del pentito fatto al sociologo Pino Arlacchi, autore di altri volumi propedeutici ad una comprensione almeno della dinamica dei fatti di un trentennio di attività criminosa.

In questo racconto Buscetta ripercorre la sua carriera criminale, l'entrata in una organizzazione ammantata da un presunto alone di mito ma poi dedita ad attività molto meno encomiabili, per fini e modalità. Buscetta ripercorre la sua storia, i suoi tratti da uomo d'onore atipico, insofferente di vincoli e stereotipi addirittura perbenisti in obbligo dentro Cosa Nostra. Le sue fughe verso gli Stati Uniti, e poi verso Argentina e Brasile, il percorso interiore di distacco da quel sistema distorto di valori, fino al pentimento e alla collaborazione con Giovanni Falcone.

Ho letto e riletto più volte sia Addio Cosa Nostra che Gli uomini del disonore, dove il pentito catanese Antonino Calderone racconta (anche qui a Pino Arlacchi) quanto accadeva nel contesto catanese.

E' utile, molto utile leggere questi libri, ma ci sono dei limiti.
L'utilità è data dall'indubbia correttezza di rivelazioni che hanno retto a decine e decine di indagini, che danno il polso di quegli avvenimenti in maniera cronologicamente ordinata e coerente. Si capisce bene quali fossero le alleanze, i rapporti di forza, la dinamica dei fatti, la geografia del potere mafioso e la sua evoluzione nel tempo. Si ha un quadro vasto e strutturato del "chi è chi", ci si riesce a muovere anche in mezzo a soprannomi e omonimie. Insomma, ci si crea una visione informata, almeno per il periodo coperto dalle dichiarazioni dei protagonisti.

Il limite di queste letture è quasi una insidia sottile. La narrazione in prima persona, il racconto inevitabilmente personale su vissuti, fatti e personaggi talvolta crea il clima illusorio della conversazione accanto al caminetto. Buscetta e Calderone, direi comprensibilmente dal loro punto di vista, usano tavolozze ben diverse quando delineano responsabilità interne alle loro famiglie piuttosto che ai gruppi rivali. Questo porterebbe a vedere una divisione fra bene e male all'interno di Cosa Nostra da cui non posso che diffidare.

A prescindere dal contributo enorme offerto alla lotta all'organizzazione criminale, riterrei un errore omettere quello che hanno fatto queste persone quando erano ad essa organiche. Estorsioni, violenze, omicidi. Hanno pagato il loro prezzo e avuto i benefici che una legge sacrosanta decise di accordare in cambio di un apporto spesso decisivo. Ma non dimentichiamoci che non si tratta di boy scout. Si tratta di persone vere, che hanno commesso errori.
Non dimentichiamo questi errori, ma diamo loro atto dell'aiuto che hanno fornito a quella parte sana dello stato che ha combattuto contro Cosa Nostra. Con quanto ne è conseguito.

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