mercoledì 5 gennaio 2011

Lalandia!


Come direbbe Giulio, Danimarca est omnis divisa in partes duae, quarum unam insulam esse, utramque peninsulam vere gelidam.

L'isola è Seeland, dove sorge Copenhagen con incantevole affaccio sulle coste svedesi. La capitale è una bella metropoli nordica, con un ragionevole numero di attrazioni magari non eccezionali ma ben valorizzate. Parchi, verde, luoghi di aggregazione, vita da capitale. Come racconta L, ormai vaccinato rispetto alla danish way of life, i capitolini li riconosci da un fastidioso tono cantilenante con cui affermerebbero la loro metropolitanità rispetto al resto del paese. Detta da profano, se sentite parlare due danesi in danese, sembra che si stiano raccontando i codici fiscali ma con accenti di vita vissuta. Respect.

Nella penisola dello Jutland le città sono più piccole, non ci sono metropoli. Ad essere netti, l'unica città-città è Arhus. Carina, ordinata, nulla più. Anni fa si riconosceva a naso, ma poi la Ceres ha delocalizzato la produzione in Polonia, e l'impatto sulla regione c'è stato eccome. Lo Jutland è una piana che parte dal confine tedesco e termina a nord con Skagen e il suo odore di pesce affumicato, talmente environmental che alla fine non dà nemmeno troppo fastidio (ok, finestre chiuse).

I luoghi per la socialità nei posti piccoli evidentemente non sono così numerosi. Ogni sorta di hub in cui convogli le persone, anche per necessità strutturali, va sfruttato ragionevolmente. Quindi le stazioni ferroviarie, anche piccoline, hanno il loro centro commerciale incluso. Mi dice L che la cosa con cui non farà mai pace è che un momento di family life danese che ormai sta diventando tradizione è il pranzo domenicale. Il McPranzo. Triste, 'sta cosa.

Tuttavia, da lì a pensare che muoiono di noia ce ne corre davvero. Intanto perchè i modi di utilizzare tempi e luoghi sono soggettivi e non sta a me tranciare giudizi. In secondo luogo, la natura ha fatto il suo. Posti gradevolissimi, inverni suggestivi, estati miti e verdissime. Parchi, campeggi, bei posti davvero.

Dove non è arrivata la natura, l'uomo un po' di cose ce le ha messe. Il prodotto nazionale danese (tolti i colossi della birra) è il Lego! I mitici mattoncini colorati, ormai sempre più complessi, con cui molti di noi hanno speso tempo in infanzia (ahem... non solo...). 
Vicino Billund sorge il parco di Legoland. Qualcosa di bello. Mount Rushmore, il mitico busto di Toro Seduto alto 5 metri, stazioni con treni funzionanti, l'aeroporto, le riproduzioni di città e monumenti, personaggi di film. Proprio bello, anche gli spazi liberi con cui mettersi alla prova con i leggendari blocchetti colorati.
Piccolo problema... Legoland è praticamente tutta all'aperto, quindi chiude a metà autunno per riaprire dopo la neve.

Nella stessa zona, per precisa volontà di mettere il naso fuori di casa anche d'inverno, hanno costruito un bell'aquapark, dal nome rotondeggiante di Lalandia Aquadome. E ci siamo stati!
Discutibile il cielo artificiale con sole e nuvole quando si entra. Negozi, punti di ristoro, giochi per bambini, tutto questo prima di varcare i tornelli e di andare a cambiarsi e a mettersi beatamente in costume.

All'interno del Dome ci si diverte davvero. Piscine di vari tipi: per bimbi, per bimbi-bimbi, con le onde, all'interno di una grotta (appositamente edificata, ovvio). Scivoli, saune, idromassaggi, giochi. E il quadrifoglio. Il quadrifoglio è un gommone a forma quadrifogliare (chi lo avrebbe mai detto...) con buchi per incastrare la zona deretana e maniglioni da gommone per reggersi. Perchè dopo un discreto numero di scale, il quadrifoglio va in acqua per una quarantina di secondi da vertigine! Entra nel tunnel curvette, discesina, curvette e.... strapiombo! Una specie di montagne russe in acqua,  si viene scaraventati in un indefinito semicircolare dove a velocità notevole riusciamo in breve a smarrire il concetto di orizzonte, a velocità notevole e fra luci verdi e blu, prima di venire risputati, shakerati e contenti, nel condotto di uscita!

Gran bella giornata, alla fine distrutti sia grandi che piccoli. Il ritorno alla realtà è all'uscita, quei bei trentacinque gradi di differenza fra dentro e fuori :)

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