venerdì 2 novembre 2012

Il vedovo

 (sottotitolo: elogio del Marchese Stucchi)

Non ho la pretesa di conoscere a menadito tutta la filmografia di Alberto Sordi. Sarebbe impresa ardua e tutto sommato non sono tutti film imperdibili.

L'ultimo vero capolavoro è Il Marchese del Grillo, un precipitato di saggezza romana come pochi, con una resa magistrale. Quella parte non poteva non essere data ad altri e fu un successo notevole.

C'è un gruppetto di film datati che adoro rivedere di tanto in tanto. Sarà per la sensazione del bianco e nero, per la miniera di citazioni che hanno generato, per la forza della recitazione di un attore giovane ma maturo...
Insomma per chi volesse una intensiva di Albertone, mi sentirei di consigliare almeno
  • Un Americano a Roma (e ci mancherebbe)
  • Il vigile (definire spalla Vittorio de Sica fa un certo effetto)
  • Il Conte Max (vedi sopra per Vittorio de Sica...)
  • Arrivano i dollari ("...conte Dei Pasti. Dal momento che il titolo c'è perchè non usarlo!")
  • Il vedovo
... e poi appunto la fase più moderna. Non tantissimo, tutto molto soggettivo. M'è piaciuto Riusciranno i nostri eroi, onore delle armi per Un borghese piccolo piccolo (un po' pesante, onestamente) e applausi a scena aperta per sua eccellenza il Marchese Onofrio del Grillo, inarrivabile.

Il vedovo (1959) è un gioiellino. Trama coerente nell'assurdo. Un imprenditore megalomane e arrivista vuole togliersi di torno la moglie (una fantastica Franca Valeri) per mettere le mani sul suo patrimonio e continuare a salire nella scala sociale. Stereotipi dell'Italia all'inizi del boom. L'amante, i collaboratori, il modello inarrivabile (il mitico Carletto Fenoglio!).

Quei film si tenevano sia su un plot giusto che sulla bravura degli attori. Franca Valeri è perfetta nel ruolo della moglie ricca e cinica. Sordi è al meglio, ci sono scene che resto lì a rimirare, a gustarmi il particolare. La scena della catastrofe ferroviaria è immortale. "Dove è andata la mia stellina bella e buona?"... 

Il film è godibilissimo e ha ritmo e battute. Si trova tranquillamente su youtube.
Resto deliziato dalla qualità degli attori. Sordi e Franca Valeri ovviamente avevano già un nome consolidato. I caratteristi, i cosiddetti generici aggiungono ancora qualcosa al film. Nando Bruno ("Io sono il zio del vedovo"), ma soprattutto un fantastico Livio Lorenzon, nei panni dell'improbabile Marchese Stucchi, merita un deciso elogio del gregario

"Giacca da caccia..."

Il Marchese Stucchi è l'aitante tuttofare della Nardi Ascensori. Nobile decaduto, già comandante in guerra del commendator Nardi. Si abbiglia come blasone comanda, presentandosi in ufficio con la leggendaria giacca da caccia con inserti in cuoio. Parla come gentiluomo d'altri tempi, usando espressioni fantastiche come "bella cera" o "senza fallo", con un italiano privo di inflessioni calato su una bella voce baritonale. Complice obbligato nelle sgangherate idee omicide di Nardi, che lo maltratta oltremodo, mandandolo a comperare effetti cambiari e sigarette, fino a farlo prorompere in un sostenuto "Si ricordi che ho anche io una dignità". Personaggio mai in difficoltà, nè in casa della ruspante amante di Sordi, nè al cospetto del grande Fenoglio. Resta involontaria vittima di un piccolo disguido operativo al momento culminante del film, quando trovandosi costretto ad operare al buio incorre in uno scambio di persona, che racconterà lui stesso durante le esequie del povero Nardi

"...quando ho sentito la voce del povero commendatore che diceva 'Ma che fa Marchese, spinge?' era ormai troppo tardi..."



martedì 9 ottobre 2012

Touch Football

Per evangelizzare le masse al giuoco della palla-lunga-un-piede, esistono utili varianti dello stesso che permettono di mantenerne i tratti essenziali senza la necessità del contatto fisico fra i giocatori.
Non sono dei surrogati, sono delle variazioni spesso anche usate dalle squadre vere per raffinare schemi e automatismi, cercando di minimizzare traumi e infortuni.

I due flavour più noti sono il touch e il flag.
Nel primo un giocatore con la palla in mano si intende placcato quando l'avversario riesce a toccarlo con una o due mani, ci si accorda prima. Più fedele alla realtà è il secondo, in cui il placcaggio si realizza togliendo all'avversario una flag fissata in vita con un velcro. Tutti e due servono per far apprezzare i rudimenti del gioco senza passare per Ray Lewis, a farla facile.

Da giovine, nel periodo iniziale dell'università, ero allegro partecipe delle imprese di un gruppo di debosciati  conosciuti in vacanza aperti a qualsiasi esperienza: uscite, vacanze, zingarate di ogni tipo... Nottate passate sul Risiko filosofando su tutto, improbabili trasferte irpine, goliardate varie ed eventuali.

Una parte del corredo del gruppo era costituita, per motivi lunghi da spiegare, dal pallone da football...
Per un fortunato incastro, infatti, non ero l'unico che si dilettasse con l'insidioso passatempo. Avevo la fortuna di avere la presenza di A, ufficialmente linebacker ma secondo me tight end inespresso. E vista la mole di risate che spostavamo ogni volta, ogni tanto ci stava pure che si riuscissero a coinvolgere gli altri in qualche oretta passata a lanciare in un parco.

Una domenica estiva, ci si trova ad essere in una decina di persone, fra noi e aggregati. In quel di Villa Pamphilj, leggiadro polmone verde nella capitale. Come da planimetria ufficiale presa da sito uebbe, quel parco stupendo ha anche un piccolo lago con un corso d'acqua di poche centinaia di metri che attraversa una parte della villa. Una freccia gialla messa sulla cartina può aiutare a orientarsi per il dopo.

Villa Doria Pamphilj, Planimetria con freccia gialla.


Per coincidenza, quella mattina eravamo sprovvisti di pallone isferico, ma non di pallone da football, vedi i casi della vita. Proponiamo un 5 vs 5 a touch. Per tenere la cosa alla portata di tutti, si fa solo coi lanci, e con traiettorie dei ricevitori elementari: elle interna, elle esterna, hook, post, fly. Giusto per.

Uno dei primus inter pares quel giorno per contorti motivi suoi aveva una calzatura che i meno attenti potrebbero definire non adatta all'attività sportiva. Basti la foto sotto...

Ho visto cose che voi umani...
Va detto che, da calciatore di serie imprecisatamente minori, aveva un cambio di passo che vicino a noi pareva Bolt. Ma Bolt andrebbe dritto, soprattutto con quel tipo di calzatura. Giocando a football ci sta che ogni tanto devi cambiare direzione, tagliare, frenare...

La partita procede accaldata. L'unico pezzo da highlights fino a quel momento era una buona ricezione di C, che stava per fare un frontale con il sottoscritto (a cui deve almeno una ventina di chili di differenza...). Riesco a inchiodare per tempo (non avevo quel tipo di scarpe, ovvio), ad alzarlo da terra e a dargli un bacio in fronte. Tuttora lui dice ai suoi figli che loro esistono perchè io quel giorno riuscii a frenare...

Arriva poi il mio turno in attacco. Una buona serie offensiva, e arriviamo vicino all'area di meta degli avversari, situata nelle vicinanze della freccia gialla. Il climax sale, dobbiamo rimontare. Chiamo i miei schemi, e il mio ricevitore stivalomunito mi fa notare che in coincidenza della sua traiettoria c'è il fiumiciattolo. Cambio al volo lo schema, dicendogli "Non fare dieci passi, fanne sette". Continua a guardarmi perplesso, ma da un certo momento in poi la chiamata del quarterback è cassazione. Ci si perdono le partite per errori di miscommunication, che diamine. Mi guarda, prima della partenza, con aria perplessa. Con fare da veterano navigato, lo conforto pur lasciandolo nel dubbio.

L'azione parte. Al momento del taglio, come mi aspettavo, lascia sul posto il suo marcatore. Lo vedo che si libera, ma qualcosa non torna. Avevo detto sette, non dieci passi. In un eterno slow motion, si vede il mio lancio (calibrato col contagiri per esattamente sette passi) che cade ingloriosamente a terra, si percepisce uno  strano rumorino di sciabordio coperto da un "MAPPORC...." e un inequivocabile splash nelle acque non proprio cristalline del rivoletto...

Tutti quanti distesi a terra in lacrime, tranne il sottoscritto che, tassonomico fino in fondo, voleva spiegare che il lancio era al posto giusto... Ma non feci in tempo. Vedere il mio amico letteralmente nella merda fino alle ginocchia che mi guarda e dice "Stronzo! Hai visto che c'avevo ragione io?" è stato troppo.

Lesson learned: anche il touch football non è completamente privo di rischi...


martedì 2 ottobre 2012

Manzo criminale

Radio24 è ormai una fonte inesauribile di spunti di riflessione. Da un po' di tempo ho fatto caso a uno spottino, garbato nella sua impresentabilità, che decanta un portale tematico costruito con denaro pubblico in Lombardia per mettere in evidenza ai (due?) internauti che vogliano avventurarsi quali iniziative siano in programma: degustazioni, mostre e quant'altro, dove e quando. 
Nulla di sbagliato nè di scandaloso, ma nulla che non possa trovare ospitalità in una apposita sezione di un portale istituzionale già esistente. Non mi avventuro in considerazioni di marketing, ma accostare un settore con un tipo di specificità quale l'agricoltura con una modalità di fruizione quale il web è almeno avventuroso. Può starci che sia un portale specialistico, ma non lo è. 

Il suddetto portale è stato poi menzionato durante Focus Economia dal bravissimo Sebastiano Barisoni, che andava elencando, mentre masticava una compressa di antiacido, le tante spese delle regioni che in un periodo impegnativo come questo faticano a trovare giustificazioni sensate. 
Appunto, parlando delle spese della regione lombarda, Barisoni tuonava giustamente contro voci assurde, come una campagna per un corso di make up (make up, regione Lombardia... una mezza idea di chi può averlo proposto uno ce la può anche avere...). Giganteggiavano i 75mila euro messi a budget per un prototipo di dispositivo per avvistamento scoiattoli, prova evidente che L'Era Glaciale non è stato ignorato al Pirellone.

E questo portalino agreste, che cubava qualche decina di migliaia di euro.

Vabbè. Il fatto che possa essere discutibile veicolare quelle iniziative in rete magari è solo una idea mia. Non mi voglio avventurare a discettare su come viene speso denaro pubblico, giusto per rispetto a Batman che proprio da oggi per un po' di tempo vedrà il sole a quadretti...

E' che mi chiedo...
O intrepido committente, ma come ti viene in mente di chiamare un portale

vuvuvupuntolafacciagiovanedellagricolturalombardapuntoit  ?

E' tautologico che chi si rapporta in questo modo con la comunicazione via web non sa di cosa sta parlando. Se vuoi far passare un concetto, massimamente se vuoi farlo in rete, ti serve immediatezza. 
Immediatezza: non

soggetto-con-attributo-più-complemento-di-specificazione-con-attributo.

Ci mancava solo "lapuoitrovareinquestobelsito", ma non potendo mettere la spaziatura nella url, il lemma finale "belsito" magari in Lombardia un po' stonava. Avranno pure valutato di portare in giudizio organismi quali Icann o Ripe per l'impossibilità di inserire l'apostrofo?

Ma poi questo odio pervicace nei confronti del gestore del DNS. Perchè? Ma se un malcapitato avesse la necessità di fare un whois a riga di comando? 

Per non citare l'aver voluto pertinacemente mettere a rischio la salute dello speaker dello spottino radiofonico, che per dire tutto in un fiato

vuvuvupuntolafacciagiovanedellagricolturalombardapuntoit

(benedetto copiaincolla nei secoli) i suoi rischi li ha corsi. Certo, ti salvano i motori di ricerca, l'autocompletamento del browser, ma in effetti il rapporto tra le pubbliche amministrazioni e la comunicazione in rete è questo. Insensato, inefficace, inutile.

Non per sindacare su poche decine di migliaia di euro per un portalino insignificante. Ma per questo i soldi ci sono, per gli insegnanti di sostegno no. Per coerenza, mi permetto sempre di ricordare che la vita quotidiana ci mette davanti al fatto che il paese reale non è diverso da chi lo governa, non mi stanco di dirlo.

Identità di politiche regionali fra Lombardia e Lazio...





martedì 11 settembre 2012

In loving memory

Oggi mi andava di scrivere qualcosa di sensato sulla mia vacanza altoatesina, sulle cose stupende che ho avuto modo di vedere, sul verde violento e perfetto degli alberi sopra le montagne. Insomma mi andava di riprendere in mano il blog, perchè è da tanto che non scrivo e stavo facendo la punta a due o tre argomenti sfiziosi.
Oggi no.

Ormai le notizie viaggiano per più canali, si sa. Da un post su Facebook a metà mattinata ho letto che Francesca Bonfanti si è tolta la vita. Oggi, suo compleanno. Nelle prime ore della notte.

Per far capire fuori dal raccordo chi fosse Francesca Bonfanti non ho paragoni da usare. Boh. Forse è un po' come Totti, per parlare di tipi romani: è un problema di chi non ce l'ha. Per paradosso, i suoi colleghi conduttori di radio la stanno ricordando in questo momento, alternando lacrime a risate sguaiate per quello che questa ragazza negli anni ha saputo combinare in radio.

Colta, intelligente, sensibile, gentile, pungente. Sempre allegra. A volte in mezzo al traffico scoppiavo a ridere da solo come un pazzo ascoltando quello che era in grado di fare. Qualche apparizione televisiva, ma non era quello il suo lavoro. Era una assoluta protagonista radiofonica. Spaziava dai modi da compagna di banco (quella che ti prendeva in giro sempre e comunque) alla professionista irreprensibile. 

Francesca Bonfanti (1971-oggi)

La sua trasmissione capolavoro era la leggendaria State bene così.
Definirla come l'equivalente radiofonico di Blob rende un po' l'idea, anche se non aveva le pretese di informare e far riflettere di Blob. Ma era un concentrato di risate a tutto tondo, una presa in giro completa e costante di quello che gira nell'etere romano. Dallo sfottò assoluto alle sgrammaticature dei capi ultras che fanno radio (che ovviamente non le hanno risparmiato offese, minacce e carinerie varie: non sono tutti spiritosi come lei), alla sua personale infatuazione per la leggendaria Robertina di Radio Maria, una baciapile via etere di una cattiveria umana terrificante. Francesca la massacrava ogni tre sillabe.

E vogliamo parlare di quello che poteva fare su Richard Benson? Lei parlava in trasmissione e a tradimento partiva lo stacchetto con l'urlo "I NANIIIIIIII!!!". E io lì a ridere alle lacrime in macchina, con la gente che ti guarda con aria compassionevole. 

Ebbi modo una volta di mandarle una riga tramite Fb sulla sua pagina e mi rispose gentilmente e con la solita verve in pochi minuti. Debordante, deliziosa, caustica, mai cattiva o supponente. Un modo intelligente di farci ridere.
Non sarà facile fare a meno di lei. Chi ci fa ridere non dovrebbe andarsene mai.

No, no e ancora no.


martedì 24 luglio 2012

Let the Phins speak

Non sono un fotografo particolarmente bravo, tutt'altro.
Ma queste immagini mi sono piaciute. Oltre a ricordarmi una giornata bellissima passata con la mia famiglia e con il mio amico più caro, mi hanno fatto riflettere sulle tante declinazioni che possiamo dare a due parole: amore e felicità. L'espressione estasiata della ragazza dice tutto, quindi taccio :)


stupendi

Hold me tight

Let's dance

Love?

mercoledì 4 luglio 2012

Like Milàn, one more time...

Giorni fa ho avuto la possibilità di passare nuovamente una giornata a Milano, città che mi prende tantissimo per tanti motivi. Trattandosi di una trasferta lavorativa, avevo ovviamente scelto gli orari dei voli in modo da poter comunque affrontare eventuali code di riunioni anche a pomeriggio fatto. Ma vuoi per la robusta collaborazione tra colleghi, vuoi per la buona preparazione con cui mi ero avvantaggiato, vuoi per una botta di efficientismo collettivo... a partire da mezzogiorno ero libero, col volo di rientro fissato per le otto di sera!

E che fai per otto ore in una città che ti piace un sacco e in cui, buona sorte, hai pure un po' di amici? Te la vivi alla grande, cavolo!

Prima di tutto, pranzetto sushi in buona compagnia a corso Garibaldi. Locale di tendenza, curato e gradevole (già lo conoscevo), tempi compatibili anche con una pausa mensa appena generosa, una bellissima chiacchierata con una persona amica. Gelato, passaggino in metro, il tempo di salutarsi e poi... e poi mica ho finito gli amici, no?

Passeggiata su Corso Garibaldi

Telefono a G, che ormai è limitativo definire solo amico.
"Come ti raggiungo?"
"Scendi a Porta Genova, prendi il tram numero 9, porta Lodovica, scendi e mi chiami".
Aggancio, ancora indeciso se spararmi l'ardito calembour "Se Lodovica è impegnata chi porto?", e visto l'inevitabile declino della memoria a breve, dopo esatti sessanta secondi richiamo
"Dovevo scendere a Porta Romana?"
"A Porta Genova" (non ha aggiunto un "pirla" come rafforzativo ma ci sta che lo abbia pensato)

Arrivo alla Bocconi, raggiungo G e C che riesco a vedere solo in questi incastri acrobatici, chiacchieratina di presentazione del contesto umano e lavorativo, un po' di pausa e poi... e poi una visita all'interno di quello che probabilmente è il più famoso ateneo italiano, accompagnato da persone che lo conoscono, te lo raccontano con la consapevolezza di chi ci lavora e lo vive. Camminando per i corridoi, le teche coi lavori degli Alumni esposti. La tesi di Monti, ma soprattutto le tesi dell'inizio del Novecento, quando diagrammi a torta, rappresentazioni di trend economici e demografici non venivano ridotti al passaggio di una serie di parametri a un datasheet, ma erano dei veri e propri ricami fatti con il pennino, con la china. Fogli ingialliti dal tempo, disegni fatti a mano, dove le differenze salariali in varie zone erano riflesse dalla dimensione del sacco retto dall'omino. Non so se prevaleva il rispetto, l'ammirazione o la tenerezza vedendo quei lavori. Spero vivamente che gli studenti che passano lì giornate intere ogni tanto spengano i notebook e si mettano a vedere quei capolavori.

Già incantato da quella atmosfera, G e C mi guidano attraverso le biblioteche e le sale di lettura, fino a portarmi in una specie di hangar un po' anonimo, visto dall'esterno, ma che all'interno praticamente ricordava quasi gli archivi vaticani con tutta la letteratura esplorativa di prammatica, da Alberto Angela a Checco Zalone... Ma una volta smaltita la vena ilare per la fila infinita di scaffali, sono rimasto inebetito per la quantità di scibile umano rinchiusa in quel posto. Mi spiegavano cosa ci fosse in quegli scaffali, intere annualità di pubblicazioni tecniche (che so, il Financial Times del 1945, uno non se lo trova davanti tutti i giorni...). E poi i volumi di pregio, libri e codici che hanno in loro veramente il peso della storia, che devono essere consultati in sale con particolari condizioni ambientali... Insomma alla fine uno capisce quando è il caso o meno di usare l'aggettivo "inestimabile". Lì era il caso.

Dopo l'ubriacatura accademica, ci siamo dati un appuntamento in centro con un altro amico. Nell'attesa una passeggiata all'interno del Duomo e in una piazza baciata da un sole caldo ma non opprimente. Giretto in galleria, osservando che ormai una voce fissa a bilancio deve essere dedicata alle cure per l'orchite per il povero toro... E trovandoci immersi in una giornata in cui i milanesismi andavano condensati, a quel punto il gelato da Grom ci stava tutto. Prescindendo dall'enfasi che sta avendo il brand in questo periodo, il gelato è veramente buono, non si può dire nulla.

Alla fine cominciavo un po' ad accusare la sveglia alle cinque del mattino, a Linate mi tuffo da Hudson per trovarmi una lettura per l'attesa e per il volo. Mi siedo, assistendo annoiato alla solita bulimia di connettività di tutti quelli che ho intorno, incuranti del prossimo, che massacrano tranquillamente la loro privacy (oltre alla pazienza del sottoscritto). Solo la tentazione di spiegare al tizio che avevo a fianco quale fosse l'inevitabile esito della sua password scaduta, e poi il volo di rientro, con la tronfia consapevolezza di aver pure beccato un libro interessante...

E a differenza dello scorso anno, non mi sono nemmeno perso dentro Peschiera Borromeo!


giovedì 7 giugno 2012

Petrolini e la vétrØfanîa

Ogni tanto c'è materia per riflettere sul rapporto fra pubblica amministrazione e cittadinanza, sulla famosa distanza fra le parti che viene occasionalmente presa come spunto da nuovi attori dell'agone politico, ovviamente con pieno diritto.

In effetti a volte traspare una percezione così opposta dei problemi che non è possibile non porsi una lunga serie di domande. Sempre le stesse, peraltro.

L'esempio. 
Abito in una zona bella e vitale, che a breve sarà servita anche dalla nuova metropolitana. In questi giorni hanno aggiunto le immancabili strisce blu per il parcheggio a pagamento.
Alcune osservazioni nel merito... Non voglio discettare sulla giustizia o sull'opportunità della cosa, per i residenti si parcheggia gratuitamente. Solo che è fastidioso che tra maggio e giugno bloccano la sosta per pitturare su interi isolati in una zona dove il parcheggio è già di per sè un furto di tempo fastidiosissimo. E' una ovvia manifestazione di una amministrazione bulimica di tasse, per citare il grandissimo Oscar Giannino, che non rinuncia nemmeno a due mesi di introiti. Se avessero dipinto l'asfalto ad agosto non se ne accorgeva nessuno. E passi.

Una parola sulla pianificazione degli spazi di sosta: ovviamente quelli gratuiti sono disposti per lunghezza, quelli a pagamento sono disposti a spina. Quindi gli spazi gratuiti conterranno circa un terzo dei veicoli, contando anche l'ingombro dei cassoni per i rifiuti. Banale strategia commerciale, anch'essa fastidiosa. Ancora più fastidioso è il fatto che lo spazio per le auto nelle aree di parcheggio a pettine permette a malapena l'apertura degli sportelli. E lì il benedetto popolo si autoregolerà, mi pare ovvio.

Ulteriore approccio discutibile è quello di marcare aree molto estese con segnaletica bianca o gialla che impedirebbe la sosta. Come se le aree di scarico merci avessero un senso in un paese che vive parcheggiato in doppia fila. Tolgono solo spazi utili e saranno immancabile spunto per contravvenzioni non appellabili. Fastidiosissimo.

L'unica cosa fatta bene in tutto questo caos paradossalmente è quella che rivela a fondo la distanza fra sovrano e suddito. I permessi da attaccare sul parabrezza sono stati spediti celermente, non è stato necessario fare file, perdere tempo, onorare iter burocratici di fine ottocento. Ad ogni intestatario di automezzo è stata recapitata a domicilio una letterina che spiegava il funzionamento delle nuove aree di sosta e includeva un oggetto misterioso: la vétrØfanîa (accenti sussiegosi aggiunti da me).

Mi scatta automaticamente il collegamento con la magistrale interpretazione di Nerone fatta da Ettore Petrolini. E' il personaggio giusto per questi spunti: quando ricevette una onorificenza dal regime, esclamò in pubblico un fantastico "Me ne fregio!".

Più bella e più superba che pria! Bravo! Grazie!


VétrØfanîa, appunto, pare pronunciata da Nerone nell'immortale scambio
"Roma rinascerà più bella e più superba che pria..."
"Bravo!"
"Grazie...E' piaciuta questa parola... pria... Il popolo quando sente delle parole difficili si affeziona... Ora gliela ridico... Più bella e più superba che pria"

Certo, mettiamoci nei panni del sovrano: scrivere talloncino adesivo fa troppo figurine Panini. Targhetta? Bollino? No, troppo alla portata di tutti... Insomma come lo chiamamo st'adesivetto demmerda che devono attaccà ar vetro? Eccola là: vétrØfanîa (Bravo! Grazie!)

Che poi ce sta tutta... Vetro è autoesplicativo... Fanìa... fatemi broccolare un po', a nome di chi ha fatto il classico... deriva dal verbo φαίνω, mostrare (come epi-fanìa). Quel verbo lì che ci fece familiarizzare per la prima volta con l'aoristo e altre meraviglie del genere. Che ora deve prestare la sua radice ai parti delle menti burocratiche. 

Se lo sapesse il padre Rocci. Sì, quello der vocabbolario...