giovedì 7 luglio 2011

Inti Illimani

Il primo concerto dal vivo a cui ho assistito è stato quello degli Inti Illimani al Teatro Tenda, vicino allo stadio. Non mi ricordo troppo le date, magari fra il 1975 e il 1977, boh.

Bambino tipico degli anni Settanta, sotto molti aspetti. Genitori da poco separati, il mio impagabile zio metalmeccanico con barba lunga ed eschimo che faceva i turni di notte in fabbrica e mi portava in Curva Sud la domenica, con il saccone della spazzatura anti-pioggia e i panini con la fettina.

A quel concerto andai, appunto, con mia mamma e mio zio. Fumo di sigarette ovunque, io col cappottino perchè faceva freddo, a cantare El Pueblo Unido storpiando le parole che non conoscevo, e col pugno sinistro chiuso come tutti, sotto al palco. A pochi metri da quei visi e da quei suoni così diversi, così caratteristici. Triple, charango, bombo. La musica che ti attraversa, ad un volume che per te è impensabile, quasi da giudizio universale. 
Da quel momento in poi mi è rimasto dentro un feeling tutto mio con suoni e testi del leggendario gruppo cileno. A casa c'erano tutti i loro dischi, tutti in vinile.

Racconto due cose su questo gruppo. Credo che ne valga la pena, almeno a mio giudizio. Gli Inti erano un gruppo già abbastanza noto. Durante gli anni Settanta erano in tournè, quando l'Undici Settembre 1973 un colpo di stato militare portò alla morte del presidente socialista Salvador Allende e all'instaurazione della dittatura del generale Augusto Pinochet. Il commento di Henry Kissinger fu un eloquente "Abbiamo semplicemente difeso gli interessi americani all'estero". 

Il gruppo si stabilì a Genzano, delizioso paesino dei Castelli Romani (pane e vino spettacolari!), perchè non potevano fare ritorno in patria per ovvi motivi. E portarono la loro musica in giro per l'Italia e per l'Europa. 
Una musica che dà sensazioni varie, non solo impegno politico e cuore. Ma anche il mercatino andino con le donne col viso screpolato dal sole e dall'altura, o semplici passaggi strumentali che ti invogliano a seguire i loro crescendo ritmati, o musiche che ti trasmettono quasi calura e stanchezza. Alla fine non hanno mai rinnegato sia le loro radici etniche che il carattere, in parte anche folcloristico, della loro musica, dei loro strumenti e delle loro tecniche. 

Fra tutte le varie prove che hanno fatto, voglio segnalare lo spettacolare omaggio al tema d'amore di Nuovo Cinema Paradiso (ehi, Morricone!) che non può non farci pensare ad ogni singola persona con cui abbiamo condiviso anche un solo momento da ricordare. 

E ogni tanto non resisto. In macchina, se mi capita di buttare quel cd nel lettore, tiro su i finestrini e canto a squarciagola!

E non posso non evidenziare una uscita di Beppe Grillo di uno squallore umano unico. Commentando la morte di Pinochet, con la solita finezza dialettica, si espresse nella forma e nella sostanza nei termini qui riportati

"Il suo delitto più grande è aver permesso la fuga in Italia degli Inti Illimani. Dal 1973 stazionano nelle nostre televisioni. Nelle feste dell’Unità. Da Pippo Baudo. Mi hanno fatto venire l’esaurimento nervoso. Sono dei reduci musicali a vita. La loro influenza politica è stata enorme. Spettacolo dopo spettacolo hanno esaltato ai nostri occhi l’operato di Pinochet. Creato una corrente giustificazionista per il regime. Per lo stadio-lager di Santiago."

Stranamente per una volta ha anche accettato il confronto e dato diritto di replica a Jorge Coulon.
Tenta di cavarsela con "ho fatto la battuta...".
"Jorge, io scherzavo. Sono un comico. So tutte le vostre canzoni a memoria.
Non sapevo che foste in Cile da 18 anni. Pensavo che foste ancora a Milano Marittima. La colpa è della televisione italiana che non aggiorna mai i programmi. Se tornate siete invitati a pranzo a casa mia. Ma senza chitarre. Perdonatemi se potete."

Gli Inti Illimani sono dei grandi. Artisti eccellenti e testimoni del loro tempo e del loro paese. Punto.




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